Una fogliata di libri

Kallocaina. Il siero della verità

Giuseppe Perconte Licatese

La recensione del libro di Karin Boye, Iperborea, 251 pp., 17,50 euro

Nel 1940, otto anni prima di Orwell, Boye anticipa la descrizione di un futuro non troppo remoto, i cui abitanti sono irreggimentati dall’apparato di pianificazione e di propaganda di un sedicente “Stato mondiale”. Ma un’influenza diretta sembra improbabile, dato che l’opera sarebbe stata tradotta solo molto più tardi dallo svedese in altre lingue e che l’autrice era ai margini della società letteraria. Piuttosto, le affinità nella struttura della società distopica immaginata (non in altro: come spiega Vincenzo Latronico nella postfazione, il confronto tra Kallocaina e 1984 è significativo proprio per le profonde differenze) indicano che entrambi attingevano a una profonda comprensione degli esperimenti politici dell’epoca e della psiche umana. E l’opera della prima è un classico dalla statura non inferiore a quella del secondo. 

 

Nel mondo di Kallocaina la mentalità del militare ha vinto sulla disprezzata, “asociale” mentalità del civile. Fin dall’infanzia ogni cittadino è sottratto alla famiglia per essere educato a sacrificare se stesso all’idolo della comunità: uno scopo al quale gli uomini sembrano essere naturalmente portati, mentre le donne sentono di dover compensare la propria relativa debolezza mettendo al mondo soldati per lo Stato. La sostanza inventata un giorno dal chimico Leo Kall, che, iniettata, porta in uno stato, simile alla ipnosi, in cui si dice la verità, permette – come la polizia subito comprende – di stanare i “cuori divisi” di quanti si sono conformati solo esteriormente. Tutto il romanzo è segnato non tanto da un dramma che si dispiega, ma dall’alternanza (dal continuo “cambio di registro”, come osserva la traduttrice Barbara Alinei) tra il discorso convulso del potere interiorizzato dal protagonista e la voce che emerge, piana e limpida, da quanti sono sottoposti al siero. Dalla psicanalisi – che l’autrice in prima persona aveva praticato per fare i conti con il disagio esistenziale e con la propria omosessualità – provengono questo schema e le immagini più suggestive della scrittura di Boye, i cui personaggi non vogliono comunità ma comunione, non uno scopo elevato ma liberazione. Se il mondo costruito dal potere è un dedalo sotterraneo, dove la delazione tra marito e moglie è premiata e dove per sfuggire ai dispositivi di controllo i cospiratori si incontrano in ascensore, indizio della salute che torna sarà guardare davvero il cielo una volta usciti in superficie, o sognare città in rovina, nelle cui crepe cresce silenziosamente la vegetazione.

Kallocaina. Il siero della verità
Karin Boye
Iperborea, 251 pp., 17,50 euro

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