una fogliata di libri
Amuleti
La recensione del libro di Lorenzo Pataro, Ensemble, 100 pp., 13 euro
Calabrese classe ’98, Lorenzo Pataro è un poeta alquanto giovane ma già ampiamente formato alla parola poetica: lo testimonia il suo ultimo libro, Amuleti, pubblicato con la casa editrice Ensemble. La raccolta si avvale della prefazione di Elio Pecora e di una breve nota di Daniele Mencarelli in quarta di copertina: due nomi che sono nientemeno sinonimo di garanzia. A riprova di ciò, scrive Mencarelli: “Lorenzo Pataro è nato nel secolo sbagliato, o nel migliore di tutti a seconda dei punti di vista, per offrire la sua voce di poeta radicale. La sua è una parola di luce e vertigine, di visione e tragedia. E’ poesia. Autentica. Che se ne frega dei secoli e dei regnanti”.
L’originalità della poesia di Pataro sta nell’essere intessuta dalla presenza costante della natura, personificata dalla miriade di animali, erbe, frutti, arbusti vari che appaiono ricorrenti in questi versi lunghi e cadenzati, spesso alternati a una prosa breve ma corposa. La lingua, imperlata di riferimenti simbolici spirituali e metafisici, (non a caso gli amuleti – con il loro sostrato mistico-religioso – danno il titolo alla raccolta: si tratta di piccoli talismani capaci di portar fortuna a chiunque vi si affidi, scacciando i cosiddetti demoni o qualsiasi altro spirito maligno), è immersa in atmosfere di sogno che verrebbe difficile non agganciare a scene di quadri surrealisti, come potrebbero essere quelli di un Dalí o di un Magritte: “Il calice di legno, intarsiato, l’elsa / sulla tavola. Poco altro. Rituale / Tu raduni tutti i feti che non hanno / avuto luogo nella luce. La tua pelle / stella di carbonio, la scodella / rovesciata, il pane azzimo, la preghiera / che nessuno ti ha insegnato, la moneta / etrusca, sul palmo, a leggerti il futuro”.
Nell’intelaiatura della silloge, Pataro dimostra inoltre un fervido attaccamento alla sua terra, considerato il titolo dell’ultima sezione dedicata alla poetessa Giovanna Sicari, moglie storica del grande poeta Milo De Angelis (anche qui la conoscenza di una cantrice di versi del genere è rara per un ragazzo di appena 24 anni): “La fatica dello stare”. Ma è un attaccamento misto di spiritualità e stupore, irto di immagini ebbre di quella disillusione che non sfocia mai in lamentela, ma che anzi aspetta la sua epoca più buia per potersi rialzare e risplendere di nuovo: “L’impeto dopo la cura, il sale che offre / ristoro sul drappo scucito. / E’ un settembre l’andare oltre la piena, / avere in sorte la fame come un danno / che non vuole né perdono né resa”.
Lorenzo Pataro
Amuleti
Ensemble, 100 pp., 13 euro