La buona condotta
La recensione del libro di Elvira Mujcicć, Crocetti, 240 pp., 18 euro
Balcani. 2012. In un piccolo paese di confine nel sud-est del Kosovo, di 1.362 albanesi e 1.177 serbi, si tengono le elezioni per il nuovo sindaco: a essere eletto è un serbo, Miroslav, uomo buono, umile, mite, che crede nella convivenza pacifica tra opposizioni etniche, politiche, storiche; un uomo talmente incerto al limite dello spaesamento, che scrive il nome di un altro candidato sulla scheda elettorale. Inspiegabile pure a sé stesso, vince. Ma se la Storia non dimentica, gli uomini non fanno sconti e non perdonano: “Gli albanesi si fidavano di lui per lo stesso identico motivo per cui i serbi lo guardavano con sospetto: durante la guerra degli anni Novanta aveva disertato. Se ne era andato in Germania; un codardo col culo al sicuro, chiosavano i serbi, un uomo retto, con una coscienza vigile, sostenevano i suoi amici albanesi”. Da Belgrado non accettano l’elezione e inviano un altro sindaco, Nebojša, anche lui serbo ma temerario, nazionalista, sicuro, che fa il punto della sua vita dopo due anni di prigione con un’immaginaria orazione funebre per sé stesso.
Elvira Mujcic parte da un fatto di cronaca per delineare un romanzo dai contorni universali, oltre la retorica della polveriera balcanica, e cuce storie per aprire a una questione quanto mai urgente: l’identità. L’appartenenza può essere un’arma da brandire, uno vessillo da sbandierare, può diventare un pensiero sacro, dominante, una propaganda asfissiante? Il romanzo inizia con la presentazione dei personaggi: dal nomen omen – usanza a esprimere il valore augurale dei nomi – presenta Miroslav, colui che onora la pace; Nada, speranza; Zdravko, colui che è in salute; Ludmila, cara alla follia; Nebojša, colui che non ha paura; Vlado, colui che regna. Nomi che si reggono in delicato equilibrio tra la sorte e la condanna, come se costituissero una continua tensione centrifuga tra conflitti interni, esterni e la vita dei personaggi. Una domanda alla base: qual è il prezzo della buona condotta, della fuga e della salvezza anche da sé stessi? Mujcicć ridefinisce i confini oltre i concetti rigidi del nazionalismo, apre alla possibilità e con senso della misura e delicata sensibilità unisce storia e invenzione, reale e surreale per parlare di conflitto, pace e umanità in tutta la sua complessità. E in un libro che abita la lingua, la materia narrativa, la Storia, insegna la bellezza delle sfumature di grigio in un mondo che si ostina a procedere impietoso nei toni del bianco e del nero.
La buona condotta
Elvira Mujcicć
Crocetti, 240 pp., 18 euro
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