Una Fogliata di libri
Vivi veloce
La recensione del libro di Brigitte Giraud, Guanda, 192 pp., 18 euro
“Ci sono solo domande sbagliate”. Eppure sono proprio queste – una serie di domande chirurgiche e a tratti impietose – che Brigitte si pone per cercare di dare un senso, esteriore e interiore, alla morte del marito Claude, scomparso improvvisamente nel 1999 a seguito di un incidente in moto. Un affastellarsi di “se” che avrebbero potuto cambiare il suo destino, fargli schivare la tragedia, permettere di scrivere un’altra storia. Non quella – autobiografica – che ha come protagonista una giovane vedova, colta in un momento di passaggio, la cui vita viene cristallizzata dalla perdita del marito. Un passaggio da una casa a un’altra, un trasloco voluto soprattutto da Brigitte, un figlio piccolo e il desiderio di averne un altro, una vita che scorre intensa ma regolare, senza anomalie. Una vita veloce. “Ritrovavo la litania dei ‘se’ che mi hanno ossessionato per tutti questi anni. E che hanno fatto della mia vita un’ipotesi mai realizzata”. “Se non avessi voluto vendere l’appartamento, se non ci avessero dato le chiavi di casa in anticipo, se avessi avuto il cellulare, sa avesse piovuto…”. Una serie di eventi che non si sono realizzati, che forse con il senno del poi sarebbero stati auspicabili, che avrebbero potuto salvare una vita, cambiare il corso di una storia particolare ma capitale per i suoi protagonisti.
Brigitte racconta con precisione assoluta tutti i “se” che l’hanno accompagnata negli anni, partendo da una casa che stava comprando con il marito appena prima dell’incidente e che vent’anni dopo si trova a rivendere. “La casa era diventata la testimonianza della mia vita senza Claude”. Uno spazio immaginato, voluto, cercato. Un nido in cui costruire la propria personale idea di bellezza che, ancor prima di nascere, aveva mutato per sempre la propria connotazione. Brigitte cerca di dare una struttura logica alla perdita, di fare i conti con una deviazione esistenziale che ha cambiato ogni cosa. “Tutto questo Claude non l’ha mai saputo, ma la lista sarebbe lunga se mi mettessi a enumerare tutto ciò che ha ignorato del mondo e che ha continuato a girare senza di lui”. C’è l’analisi di un prima e il tentativo di guardare un dopo. Il tempo in questo gioca un ruolo fondamentale, fa da diaframma che addomestica il dolore, lo rende controllato e maneggiabile. E per questo – liricamente – non disperante. Brigitte Giraud racconta il suo personale dolore del passato affrontandolo con la consapevolezza dell’oggi. “Scrivere significa essere condotti al luogo che si voleva evitare”. Ma forse è l’unico modo per lasciar andare le proprie domande sbagliate.
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Brigitte Giraud
Guanda, 192 pp., 18 euro
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