Una fogliata di libri

Aldiqua. Immagini per chi resta

Giacomo Giossi

La recensione del libro di Giovanna Brambilla edito da Lubrica Bramati Editore (160 pp., 18 euro)

"In fondo sono sempre gli altri a morire”, avverte nel suo epitaffio Marcel Duchamp, indicando come la morte sia una faccenda da vivi, qualcosa che non si sente, ma si vede. Del resto il primo gesto che si compie verso il compianto è proprio quello di chiudere con le dita le palpebre degli occhi. La morte quindi come faccenda che riguarda i vivi e chi resta, ed è attorno alla sua rappresentazione e al suo rito che si concentra l’ultimo saggio della storica dell’arte Giovanna Brambilla che con Aldiqua. Immagini per chi resta (Lubrica Bramati editore) dà forma a un catalogo della morte rappresentata. Il funerale come luogo della permanenza della morte in vita, un rito catartico che vede la sua forma nascere e svilupparsi nell’Ottocento. La morte rappresentata come distacco dalle cose. Non si muore perché si è mortali, ma sempre per cause accettate perché “esterne”. La necessità per chi resta in vita è piangere non la morte, ma il proprio abbandono. Giovanna Brambilla si muove agilmente tra le opere di Wiliam-Adolphe Bouguereau e le installazioni di Christian Boltanski e Maurizio Cattelan, senza farne un mero regesto cronologico, ma evidenziando come la storia dell’arte si muova fluidamente tra le epoche cogliendo spesso i medesimi stilemi seppur con modalità interpretative inedite. Elemento trasversale, non a caso, sono la figura e il lavoro di Pablo Picasso, che coglie l’essenza di chi resta a partire da una delle sue prime opere, compiuta ancora adolescente, “Scienza e carità” del 1897, fino alle opere della maturità in un passaggio che è artistico ed esistenziale fortemente radicale. Il funerale dunque come luogo simbolico di un passaggio capace di connettere tra loro chi resta, un simbolo che muta e cambia non tanto nella comprensione della morte come fatto, ma nell’esigenza di volta in volta della realtà sociale di affrontarla e contenerla. Aldiqua. Immagini per chi resta è un breve e denso saggio capace di cogliere le ragioni di una comunità che dinnanzi alla morte celebra innanzitutto la propria distanza e alterità. Al tempo stesso, resta ineludibile il legame di chi vive essendo mortale, e così ha la forma di una risposta proprio a Marcel Duchamp, l’epitaffio immaginato dal poeta Cristian Bobin: “Staremo a vedere”. Perché è sempre nello sguardo che si palesa la morte quale oggetto inesistente e quindi sempre e solo rappresentabile. Una rappresentazione che è tale tanto più se accettata e quindi riconoscibile dalla comunità di chi resta e che si fa portatrice della memoria.

    

Giovanna Brambilla
Aldiqua. Immagini per chi resta
Lubrica Bramati Editore, 160 pp., 18 euro

Di più su questi argomenti: