Nebbia e chiaro di luna
La recensione del libro di Meša Selimovic, Bottega Errante, 156 pp., 17 euro
C’era della saggezza in quella paziente sopportazione delle difficoltà che non si potevano evitare”, dice uno dei personaggi di Nebbia e chiaro di luna (traduzione dal serbo di Dino Huseljić) di Meša Selimovicć. Vale per gli agricoltori, vale per i soldati che sono i protagonisti di questo breve romanzo. E se non fosse abbastanza chiaro ecco la chiusura di un triste sillogismo: “La vita non è una festa ma rassegnazione”. Andate in pace! E invece c’è la guerra e a combatterla sono sempre i giovani, imprevedibili. Che guerra sarebbe se a combatterla fossero gli adulti, più posati? – si chiede l’autore. Siamo durante il conflitto civile, un passo prima della nascita della (ormai ex) Yugoslavia. Selimovicć, bosniaco ma con base a Sarajevo e poi a Belgrado, può essere ascritto agli autori di quell’entità inattuale di cui, morto nel 1982, non ha conosciuto il disgregamento né la seconda fratricida guerra civile.
Qui lo scrittore racconta la “sua” guerra, quella combattuta da partigiano contro gli invasori nazisti, fatta di gesti semplici come chiudere gli occhi a un soldato ancora non morto, quasi fosse l’epifania di un rimando – ecco il destino dei “semimorti” – e l’amore tra le improvvisate astanterie militari, una tenue fiammella nella solitudine e nel pericolo del fronte. Ma pure la coprotagonista assoluta di queste pagine: la morte che “rovesciava ogni cosa, attenuava le colpe, liberava il morto e incriminava gli altri”. Mentre sopravvive la traccia perduta e salvifica di tante fatiche “che erano state dimenticate, beate siano tutte, così piccole e così lontane”.
Tutta la storia del romanzo si sviluppa attorno alla dimora di Ljuba e Jovan, rifugio per feriti e truppe a riposo. Un giorno, un giovane partigiano viene affidato alle cure di Ljuba e ne nasce uno strano idillio – peraltro né punto né poco speranzoso – agreste che attenua il peso della guerra ma solo in proiezione essendo fuoco, fumo e fiamme lo scenario che circonda il chiaro di luna del libro.
La guerra finisce per essere una (o La) risposta perché in fondo “la vita non è cambiamento ma persistenza”. I cambiamenti portano disordine e sono quindi contrari alla vita. Meglio perseverare negli errori, anche quelli di chi ci ha preceduto, ereditati acriticamente in una genealogia dell’odio pericolosamente attuale che rende il libro di Meša Selimovicć una “banale” profezia del male a cui sottrarsi risulta però più fatuo ancora.
Nebbia e chiaro di luna
Meša Selimovic
Bottega Errante, 156 pp., 17 euro
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