Una fogliata di libri
Un Campari a Veracruz
La recensione del libro di Gianni Morelli, Morellini Editore, 192 pp., 17 euro
Se mi trovassi a passare in uno dei tanti bar attorno all’hotel Emporio, sul malecon, il lungomare di fronte al porto di Veracruz, di sicuro ordinerei un margarita. Forse perché sono un tradizionalista. In Messico bevo margarita, come a Cuba un daiquiri o in Brasile la Caipirinha. O semplicemente perché quel cocktail è un ricordo fresco, sapido e acido. Mi piaceva allineare i bicchieri. Di sicuro non mi verrebbe in mente Un Campari a Veracruz. Ci vuole una buona dose di anticonformismo e di fantasia per pensarlo. Del resto, Gianni Morelli di fantasia ne ha. Gianni, poi, anzi Jonni, com’è chiamato e come si chiama il protagonista del romanzo, il Campari non lo beve solo in un bar sul malecon di Veracruz. Lo beve soprattutto in un posto ancor meno probabile. Lo beve a Oaxaca, “là sulla sierra”, al “Mocambo”, una cantina che sa tanto di Paolo Conte. E che probabilmente per Morelli designa ancora, come il termine portoghese originale, quelle abitazioni di fortuna che ospitavano gli uomini in fuga. Jonni, il Campari lo beve in tutto il viaggio di questo libro. “Non c’è magia più prodigiosa e dilettevole del viaggio che conduce dentro la realtà, dentro il corpo, nelle profondità dell’America… in America il surrealismo è naturale come la pioggia o la pazzia”, ha scritto Eduardo Galeano, uno di quegli scrittori e intellettuali che hanno trasformato il Sud America in una metafora delle azioni che vi accadono. E nel viaggio di questo libro c’è tutta la pazzia e il surrealismo dell’America latina. Che cosa può esserci di più surreale di un “Campari a Veracruz”? Di Campari, forse ne avrà bevuto di più in tanti bar milanesi, ma il surrealismo l’ha assorbito e respirato in decenni di frequentazioni sudamericane, negli anni in cui l’America latina era il campo di guerre a bassa intensità, ribellioni, teologie della liberazione, ecologie amazzoniche, sogni allucinati, terzomondismi. Era un altro mondo da esplorare per i giovani che partivano sognando “Easy Rider” e “Punto Zero”. Per quegli stessi giovani Morelli e un gruppo di amici della Cooperativa libraria universitaria del Politecnico di Milano avevano inventato le Guide Clup, un esperimento editoriale che definiva un’esperienza di viaggio “alternativa”, “impegnata”. Quando, sul finire negli anni Settanta, quegli aggettivi avevano un significato.
Ecco, dentro a questo Campari c’è tutta questa storia e tante altre che forse Jonni ha vissuto o sognato. Donne fatali che appaiono e spariscono. Avventure e disavventure di viaggio che chiunque abbia attraversato la Sierra, la montagna centro americana sotto la pioggia ricorda come un incubo esilarante. E sì un Campari ci si accompagna bene, come un margarita. Non uno Spritz, però.
Un Campari a Veracruz
Gianni Morelli,
Morellini Editore, 192 pp., 17 euro
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