Una fogliata di libri
Le città dell'universo
La recensione del libro di Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro, il Saggiatore, 200 pp., 16 euro
Nel Millennium Falcon, l’iconica astronave guidata dal fuorilegge Ian Solo in “Star Wars”, c’è spazio per una notevole brigata di passeggeri; l’abitacolo stesso conta quattro posti e il mezzo è dotato di ampi corridoi – in cui si cammina come in presenza di gravità –, aree dedicate al riposo, al gioco, al primo soccorso, oltre che, naturalmente, scompartimenti per il contrabbando tanto vasti da poter contenere l’intero equipaggio.
E però Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro ci svelano non solo che il viaggio interstellare non sarebbe (e, soprattutto, non è mai stato) così comodo, ma che il design e il comfort sono stati a lungo subordinati alla praticità e all’efficienza richieste dall’esplorazione spaziale. Da Jurij Gagarin e la sua capsula Vostok, che nel 1961 constava di un diametro di due metri, ai 9,3 metri cubi della Crew Dragon 2, il veicolo spaziale prodotto da Elon Musk nel 2020, l’abitabilità del viaggio nello spazio non ha fatto molti progressi. Ma è proprio questo il punto: sarà possibile abitare lo spazio? E se sì, in che modo?
Esperti di design e architettura in ambienti estremi, Dominoni e Quaquaro stendono un testo che fonde storia, scienza e immaginazione. I due, infatti, oltre a raccontare l’evoluzione dell’esplorazione astronautica dalla Guerra fredda fino alle (dubbie) prospettive del turismo spaziale, forniscono anche informazioni tecniche e scientifiche su quanto complesso sarebbe vivere nello spazio e su cosa servirebbe per farlo.
Infatti, anche ammesso che il sogno di esplorare, colonizzare, abitare lo spazio fosse possibile, non poche sarebbero le difficoltà che l’umanità riscontrerebbe. E non solo perché – come accade già nella stazione spaziale internazionale –, la biologia umana risulterebbe irrimediabilmente alterata dall’assenza di gravità, impossibile da riprodurre al di fuori della Terra, ma anche perché per garantire la sopravvivenza in un ambiente ostile come lo spazio non basta puntare alla funzionalità dei mezzi. Più volte, infatti, si torna sul concetto di comfort per gli astronauti: avere spazi, luci, sensazioni che riconducono a una percezione di familiarità e agio è la prima condizione per garantire la sanità dei futuri abitanti dello spazio.
Tuttavia, gli autori ci lasciano con un ulteriore dubbio. Dal momento che gli esseri umani hanno bisogno di un’ingente quantità di risorse che garantiscano loro la vita (cibo, calore, acqua, materiali, vestiti…) sarà davvero possibile abitare un luogo in cui tutto ciò è assente?
Le città dell’universo
Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro
Il Saggiatore, 200 pp., 16 euro
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