Una fogliata di libri
Confessioni di un misantropo
La recensione del libro di Claudio Pozzani La Nave di Teseo, Milano, 258 pp., 16 euro
È raro che un poeta di lunga militanza prestato alla narrativa riesca a scrivere un romanzo pieno di sarcasmo e intelligenza politica. Ed è raro e rincuorante che faccia pensare, oltre che sorridere. E’ il caso di Claudio Pozzani – da quasi trent’anni deus ex machina del Festival internazionale di poesia di Genova, la più importante e longeva manifestazione pubblica di poesia in Italia – con questo Confessioni di un misantropo, uscito il mese scorso per La nave di Teseo. Il libro è un’epopea contro il “politicamente corretto”. L’ex artista, giornalista, terrorista, dittatore e poi ergastolano Athos Rossini, giunto alla bella età di 103 anni, racconta il suo strabiliante secolo di vita in un’intervista-fiume in diretta televisiva. Al centro della sua lucida ma divagante loquela, gli anni intorno al 2030 nei quali è stato membro del Quadrumvirato che ha retto una rivoluzionaria “dittatura dei creativi”, basata sul rilancio della cultura e dell’arte. Athos Rossini è il misantropo del titolo, un esteta dell’etica, un incendiario per partito preso, che sottopone tanti dei cosiddetti valori democratici al vaglio della sua corrosiva, fanciullesca lucidità. Come ovvio, la trama del libro non è tutta qui. Fra le sue “bombe” verbali, Rossini ha anche quelle contenute in un memoriale pieno di rivelazioni sconvolgenti, che scatenano un terremoto che getta il paese nella guerra civile. La conclusione va tenuta segreta. Si noti, però, almeno un fatto interessante: questo godibile romanzo è esente dai difetti più caratteristici della narrativa di oggi. Non ci si annoia, leggendolo. Non si sente l’abuso compiaciuto dell’intellettuale sulla sua materia. Lo stile è simpatico, e l’autore felicemente sornione. Fra le pagine di chi, fra gli scrittori di oggi, pubblica con editori cosiddetti maggiori, non capita spesso di imbattersi in frasi come questa: “In casa c’era un silenzio che svolazzava e si posava dappertutto senza che io riuscissi a schiacciarlo con ciabatte di parole”, o che di un lampadario, nel corso di una confessione, si dica che “sembrava un raffinato e prezioso orecchino per una gigantessa in vena di sedurre”. La vena anarcoide, surreale e dolentemente iper critica del Pozzani poeta, si sposa qui con convincente affabilità stilistica con i modi tipici del romanzo d’idee, un po’ alla ultimo Kundera, o al miglior Houellebecq. Idee discutibili (l’abolizione della parola lavoro come caposaldo della società) o anche irricevibili (non sono sbagliate le dittature, ma i dittatori, stupidi e psicopatici), ma pur sempre stimolanti.
Claudio Pozzani
Confessioni di un misantropo
La Nave di Teseo, Milano, 258 pp., 16 euro
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