una fogliata di libri
Hannah Arendt. Filosofia e politica dopo Auschwitz
La recensione del libro di Luca Mori, Carocci, 343 pp., 25 euro
Tra i più grandi intellettuali pubblici del secolo scorso, Hannah Arendt diceva di essere animata dall’esigenza di comprendere gli uomini e gli eventi piuttosto che dalla speranza, o dall’illusione, di poter influenzare gli altri. Ella restò sempre in fondo riluttante a entrare nell’agone delle opinioni: quel passo nella visibilità, quel “pensare in pubblico” che è lo scrivere prendendo posizione, era sì per lei ciò che, accanto all’azione politica vera e propria, portava nella sfera più alta accessibile agli uomini e alle donne, ma anche ciò che esponeva al rischio di essere fraintesi (o di essere compresi fin troppo bene), dunque alla polemica.
Questa agile biografia intellettuale ricostruisce in modo ricco e stimolante il pensiero dell’autrice facendone emergere, attraverso citazioni della corrispondenza e di altri documenti, anche i tratti caratteriali e lo stile. Il dato propriamente biografico è concentrato nella prima metà del libro e della vita della protagonista, la più drammatica, in cui l’ebrea tedesca Arendt è distolta dalla sua vita contemplativa di universitaria e costretta a fuggire dalla Germania nazista. Dopo aver conosciuto in prima persona la paura dell’arresto ed essere scampata all’internamento per la fortuna di aver incontrato un funzionario meno rigoroso dell’Adolf Eichmann di cui nel 1963 descriverà, in un famoso reportage da Gerusalemme, il processo, a Parigi Arendt collabora con l’Agenzia ebraica per aiutare altri rifugiati dell’Europa centrale a raggiungere la Palestina. Prima di partire per l’America, sperimenta la vita dei fuggitivi nei Pirenei che, scrive, le fece capire “la vita delle ombre” che i greci intendevano quando parlavano dell’Ade.
Nel Dopoguerra Arendt assumerà la cittadinanza statunitense e scriverà in inglese. Oltre alle opere maggiori e più famose sul totalitarismo e sulla rivoluzione, intervenne con articoli e conferenze sui temi di più stringente attualità (tra gli altri il Vietnam, le imprese spaziali, il movimento studentesco, la segregazione razziale, i Pentagon Papers), consegnandoci riflessioni il cui potenziale per la comprensione del presente – lo stato di un mondo in cui la grande maggioranza degli uomini non partecipa alla politica, ma semplicemente lavora, consuma ed è oggetto di amministrazione, così come le lotte per i diritti civili, gli effetti della tecnica, dell’automazione del lavoro e della pervasività dei mezzi di comunicazione di massa e di propaganda sulla vita collettiva – è ancora lontano dall’essere esaurito.
Hannah Arendt. Filosofia e politica dopo Auschwitz
Luca Mori
Carocci, 343 pp., 25 euro
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