Ognuno per sé e Dio contro tutti

Giacomo Giossi

La recensione del libro di Werner Herzog, Feltrinelli, 366 pp., 22 euro
 

Figlio della Germania sconfitta e devastata alla fine della Seconda guerra mondiale, nato nel 1942 a Monaco di Baviera, Werner Herzog rappresenta forse l’ultimo grande regista capace di toccare gli estremi possibili (e non è retorico dire, anche impossibili) del mezzo cinematografico. Punto di connessione di figure che hanno rappresentato il cinema mitico ed epico degli albori e di chi ne tracciò poi una traiettoria più autoriale e intelletualistica, Herzog rappresenta una totale unicità di stile, capacità produttiva e ideativa.

 

Ognuno per sé e Dio contro tutti (Feltrinelli) tradotto brillantemente da Nicoletta Giacon, è il racconto autobiografico di un regista che esordì nel 1962 con il cortometraggio “Ercole”, ma che poggia le sue basi su una cultura letteraria che ha il suo essere nel cuore dell’Europa. Definire Herzog è quanto mai risibile proprio per la sua capacità di dare corpo con precisione, esattezza e anche durezza al proprio pensiero. Ed è questa la forza principale di questa autobiografia, ovvero quella di non essere l’autobiografia di un regista, ma una vera e propria visione di Herzog stesso, sia per la forza evocativa, sia per una qualità letteraria a lui non certo nuova.

 

’esistenza di Herzog è il frutto di una serie di nodi che legano mondi apparentemente lontani ma che il regista è in grado di avvicinare e connettere con uno sguardo realistico quanto sublime, le sue pagine possono contemplare allo stesso tempo Thomas Bernhard quanto Jules Verne. Ognuno per sé e Dio contro tutti è così una specie di Wilhelm Meister contemporaneo, per quanto la figura di Herzog possa essere affiancata a quella del Viandante. Dall’infanzia che lascerà segni inedelebili, al rapporto esplosivo (per usare un eufemismo) con Klaus Kinski. Il mondo diviene il sottofondo di una lotta a tratti estenuante capace di anticipare temi e prospettive oggi all’ordine del giorno.

 

Herzog alterna un movimento di brevi riflessioni che denunciano anche un grado inedito di malinconia a una cronaca attenta dei giorni di lavorazione sui set. Un’elaborazione perenne, di unico film infinito che diviene così lo specchio di un’esistenza che non risparmia allo sguardo né violenza, né dolore. “Dentro di me ero fermamente convinto che non sarei mai arrivato ai diciotto anni”, scrive Herzog a chiarire da subito la posta in gioco. Il pericolo e il rischio dunque non attraversati come semplici accessori, ma pietre focaie di un’esistenza artistica straordinaria dentro alla quale più volte la vita si è mischiata con la morte. 

   

Ognuno per sé e Dio contro tutti
Werner Herzog
Feltrinelli, 366 pp., 22 euro