una fogliata di libri

Malinconia barocca

La recensione del libro di Aurelio Musi, Neri Pozza, 176 pp., 13,50 euro 

Questa storia della Malinconia barocca di Musi è la brillante continuazione della sua fortunata Storia della solitudine, uscita anch’essa da Neri Pozza un anno fa. Il libro è affollato di donne e uomini, protagonisti e comprimari. Ci sono Miguel de Cervantes, Spinoza, Cartesio, La Rochefoucauld, ci sono Artemisia Gentileschi, Lucrezia Barberini, Veronica Giuliani. Ma il cuore del volume è senza dubbio il capitolo dedicato a Robert Burton e alla sua Anatomia della Melanconia. Il coprotagonista del libro, insieme a Burton, è il re di Spagna Filippo IV. I destini di quei due uomini così differenti tra loro sono strettamente intrecciati. Nell’anno in cui Filippo IV successe al padre Filippo III sul trono di Spagna – siamo nel 1621 – Burton, fino a quel momento un oscuro pastore anglicano e un dotto bibliotecario del Christ Church College di Oxford, pubblicò l’opera destinata a dargli fama duratura (quattro edizioni fino al 1638 e larga fortuna anche nei decenni successivi). 

 
Con Burton, scrive Musi, fece il suo ingresso sulla scena del Seicento europeo il “labirinto della melanconia”, un “regime di ambiguità che è all’origine dell’inquietudine dell’uomo moderno”. La cultura barocca è una finestra affacciata sulla modernità, con le sue tante personalità borderline che oscillano continuamente “tra delirio di onnipotenza e tendenze maniaco-depressive”. Tra le tante che affollano il libro di Musi spicca per caratura e rilevanza politica quella di Filippo IV, il cui profilo psicologico è forgiato, in alcuni casi piegato, dai traumi e dai lutti di cui la sua vicenda è costellata. L’educazione particolarmente repressiva nel segno di una austera morale cattolica, poi, non fece che acuire le sue adolescenziali pulsioni sessuali, trasformandolo in un monarca libertino, seduttore seriale di dame di corte, attrici, cantanti, prostitute. Nelle pieghe della cultura barocca, la malinconia del protagonista diventa la metafora del crepuscolo collettivo del sistema imperiale spagnolo. La malinconia come malattia dell’individuo, angoscia esistenziale dell’anima del singolo, tratteggiata da Burton, prende cioè le sembianze di una malattia collettiva: anche i regni, anche i corpi politici possono essere soggetti alla malinconia. La vita interiore (oltre che quella politica) di Filippo IV può così essere letta parallelamente alla vita interiore, se così si può definirla, del sistema imperiale spagnolo. Così l’insostenibile peso della colpa, confessato da Filippo IV negli ultimi anni della sua vita alla consigliera spirituale e politica Maria de Ágreda, diventa anche l’insopportabile peso della macchina imperiale che egli non riesce più a gestire. (Giorgio Caravale) 

  

Malinconia barocca
Aurelio Musi
Neri Pozza, 176 pp., 13,50 euro