Una fogliata di libri
Grande Meraviglia
La recensione del libro di Viola Ardone edito da Einaudi (304 pp., 18 euro)
Elba porta il nome di un fiume del nord, sa decifrare il mondo in rima, ama la vita di un amore non sempre corrisposto, osserva la sua realtà con occhi attenti e ne prende nota. Conosce solo una parte del mondo – il mezzomondo –, quello rinchiuso tra le mura del manicomio dove è cresciuta e dove è stata rinchiusa sua madre e tutto ciò che è fuori, la tangibile malattia della realtà, è un punto di domanda che terrorizza: lei nella pazzia ci è nata, mentre gli altri ci mettono una vita ad arrivarci. Di amore, della sua incomprensibilità e della sua forma più manifesta, la pazzia, ne parla Viola Ardone nel suo libro Grande Meraviglia, tracciando un nuovo alfabeto emotivo perché la follia, per essere comunicata, ha bisogno di un vocabolario sincero e autentico.
Il romanzo si apre nel 1982, quattro anni dopo la legge Basaglia, condizione non ancora sufficiente per chiudere tutti i manicomi che persistevano insieme all’elettroshock selvaggio, il coma insulinico, le camicie di forza, la contenzione meccanica. Il Fascione è un tempo sospeso, dove sono rinchiuse donne che il mondo ha decretato folli e che, se non portate via da lì, diventano pazze per davvero: “Noi matte siamo piante con le radici in vista, le dico, tutto quello che è sotto si vede da fuori”. Elba rifiuta il mondo esterno per aspettare la madre che tutti dicono essere morta, ma lei sa che c’è ancora. Attende, pazientemente, facendo un patto con la sua esistenza: “Ogni vita è calamita, anche quella più appassita. Io sto dentro al mezzomondo: pure questa è vita, in fondo”. Fino a quando arriva Fausto Meraviglia, il giovane psichiatra dalle buone intenzioni, i capelli spettinati e i baffi rossicci, che porta via Elba da quell’inferno che lui sperava di trasformare in purgatorio e la cresce come se fosse una figlia, proprio lui che non è mai stato un buon padre e che con lei scopre una nuova possibilità. In un salto temporale, il libro racconta la storia del dottor Meraviglia, la sua depressione e solitudine alla soglia dei settantacinque anni, quando si fanno i conti con la vita e ogni speranza viene rinegoziata.
Un romanzo di formazione luminoso: Ardone fa un salto definitivo con audace bellezza, guarda negli occhi il precipizio esistenziale della follia e gli dona una forma non convenzionale attraverso due storie che colgono l’importanza di riconoscere l’altro, di sentire che esiste e che esistiamo e che mettersi in ascolto è forse la chiave per accedere a ogni grande meraviglia.
Viola Ardone
Grande Meraviglia
Einaudi, 304 pp., 18 euro
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