La Repubblica mondiale delle lettere

Matteo Moca

La recensione del libro di Pascale Casanova, nottetempo, 636 pp., 27 euro
 

La Repubblica mondiale delle lettere (traduzione di Cecilia Benaglia) è un saggio che muovendo dalla cultura francese (la Parigi di metà Ottocento, luogo di una letteratura che si svincola dal potere, città della Rivoluzione, “dell’invenzione dei diritti” e anche capitale intellettuale, “arbitra del buon gusto”) attraversa le opere di scrittori europei, africani, sudamericani e statunitensi tracciando la storia di uno spazio, quello della Repubblica del titolo, che è “contemporaneamente estetico e geopolitico”. Casanova cambia la prospettiva degli studi di letteratura comparata poiché mostra come siano proprio le rivalità e le disuguaglianze a governare questa “strana repubblica”, seguendo così il ragionamento dello storico Fernand Braudel che parlava di un mondo “unificato ma diseguale” dove centro e periferia occupano scale gerarchiche diverse, e poiché concilia due tipi differenti di critica letteraria, quella testuale, che cerca nel testo i significati dell’opera, e quella che muove invece dal contesto. All’interno di questo schema di forze assume un valore primario la lingua, una delle principali componenti del campo letterario (definizione, mutuata dal sociologo Bourdieu, che si riferisce al capitale culturale e simbolico degli scrittori), legata in maniera così stretta alla letteratura al punto, scrive Casanova, che “si tende a identificare ‘la lingua della letteratura’ con la letteratura stessa”. Questa caratterizzazione della lingua è un esempio del metodo totalizzante di Casanova perché la critica francese, muovendosi tra spazi e tempi diversi, mostra come una certa lingua, e quindi una certa letteratura, abbia acquisito nel tempo un valore preponderante su un'altra, la natura di alcuni tentativi di incorporare in lingue minoritarie caratteristiche di altre e più blasonate lingue, ma anche come certe antiche dispute (quella sul volgare di Dante per esempio) possano gettare luce su autori moderni o contemporanei (come il Joyce del Finnegans wake che vide in Dante, sostenitore del volgare a discapito del latino, un precursore della sua lotta contro l’egemonia, debitrice anche del colonialismo, dell’inglese). In questo importante saggio il lettore avrà modo di trovare interessanti interpretazioni di autori, molti e vari, canonici o meno (Joyce, Kafka, Cioran, Ibsen o gli eredi di Faulkner in America latina) e di seguire un ragionamento straordinariamente limpido e analitico che incrocia letteratura e politica.  

 

La Repubblica mondiale delle lettere
Pascale Casanova
nottetempo, 636 pp., 27 euro

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