Tra i pasti. Un appetito per Parigi
La recensione del libro di Abbott Joseph Liebling, Edizioni Settecolori, 160 pp., 20 euro
Roger Scruton raccontava che ai tempi di un suo incarico come critico enologico – mansione che generalmente reputava poco onesta – era solito fare assaggiare il vino al suo cavallo: “Lui era il critico migliore!”. Abbott Joseph Liebling è stato un po’ Scruton, un po’ un critico di cui si dovrebbe diffidare e un po’ il cavallo. Aveva, come il primo, la stessa diffidenza per chi dosava i propri giudizi e i propri assaggi; era, come il secondo, prima di tutto un giornalista con una passione analitica per il cibo; infine, come il terzo, aveva un appetito che gli dava soddisfazione senza troppi sofismi.
Tra i pasti. Un appetito per Parigi raccoglie alcuni suoi articoli e una visione del mondo che copre quasi sessant’anni di memoria enogastronomica, quella di una delle firme più raffinate del New Yorker, innamorata di Parigi, della sua cucina in guerra con cardiologi e sportivi. Discepolo eletto di Yves Mirande, commediografo e gran mangiatore di caviale, sarà lui, Liebling, a risalire alla vera causa della morte del maestro intorno agli ottant’anni: “La trappola fatale dell’astinenza” provocata da un cambio di dieta dietro suggerimento medico.
Fu proprio l’astinenza il grande avversario di Liebling: “Disponiamo di due sole opportunità di lavoro sul campo, e non vanno sprecate allo scopo di ridurre l’assunzione di colesterolo”.
L’astinenza è la grande malattia del secolo, che colpisce la borghesia di cui faceva parte la sua famiglia e si estende, più in generale, alla modernità stessa. Perché, come accaduto a Mirande, la strana perversione della parsimonia avrebbe portato all’inevitabile deperimento fisico e infine morale. Ancora negli anni Venti la cucina francese costituiva, insieme a quella cinese, “il più grande corpus di pensiero e pratica culinaria del mondo”. Ma poi, dopo la Prima guerra mondiale, cambiò tutto. Le donne iniziavano a essere secche, gambe lunghe “come giraffe”, e non era più il tempo in cui anche la seduzione borghese – così ne parlava il maître Mirande – poteva essere anticipata da undici portate. Un mondo astinente, nemico del pensiero stesso, della storia e della tradizione.
A tutto questo Liebling opporrà un titanismo godurioso, un sincero piacere per la grande cucina, per i burri, per le trote lessate come imperatori, così insaziabile di bellezza da pretendere ironicamente di più persino da Proust, stregato da una madeleine: “E’ una vera perdita per l’umanità che non abbia avuto un appetito più vigoroso”.
Tra i pasti. Un appetito per Parigi
Abbott Joseph Liebling
Edizioni Settecolori, 160 pp., 20 euro
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