Alzarsi presto. Il libro dei funghi (e di mio fratello)
La recensione del liobro di Sandro Campani, Einaudi, 184 pp., 16 euro
Sgombriamo subito il campo: Alzarsi presto. Il libro dei funghi (e di mio fratello) di Sandro Campani è un libro di genere confidenziale, quasi sussurrato a se stessi in quella che sembra la migliore versione dell’autofiction – il diario intimo – ma proficuamente diretta alla natura e a chi la ama e ne riconosce l’autonomia nella libertà necessaria a qualsiasi sentimento di appartenenza. Fine della recensione.
Ora veniamo ad alcune cose utili, appunto. Iniziamo da pagina 61 e dal capitolo intitolato “Darsi del coglione”. Qui l’autore senza saperlo né volerlo (evitando, quindi, di incappare nel pericoloso neologismo mansplaining) si dispone tra i tanti che in questi giorni hanno tentato di dire qualcosa sul retrivo mondo maschile non riuscendoci se non male. Non tentando neppure, a Campani riesce la rappresentazione più efficace del genere. Cito: “Come succede agli uomini abituati a fare insieme un certo tipo di lavoro, quotidianamente, con dimestichezza, immersi nel dettaglio anche sovrappensiero, mio padre e mio fratello passano un bel po’ di tempo a darsi del coglione”. Segue elenco/lista che è davvero un istruttivo tutorial per capire il grado zero dell’educazione “maschile” (ahinoi, talvolta e/o spesso!).
Un fungo (e ancor prima un tartufo) non è solo un fungo (o un tartufo). Cito (pag. 89): “Certi funghi che hai trovato, quattro anni fa o quaranta, se chiudi gli occhi li rivedi nel dettaglio. Perché quelli, fra migliaia, non lo sai: ti ritornano in sogno, come divinità di un attimo preciso”.
Alzarsi presto è un libro scritto in lingua ma con molti prestiti dal dialetto a cesura tra il faticoso restare appenninico, quello dello spopolamento delle aree interne, e la Pianura modenese che incombe con i fumi delle sue fabbriche sassuolesi compresi di minacciosa bretella autostradale.
Alzarsi presto è un viatico all’andare per funghi (o tartufi) e, anche se non è da sottovalutare la sua capacità manualistica (riverberata in un bellissimo “Glossario sentimentale” posposto alla fine come un racconto per voci), ha poco a che vedere con la cosa in sé. In definitiva, a essere meno raffinati (la natura del titolo si capisce non nel capitolo omonimo ma nel bellissimo apologo nascosto in “La Svezia”) questo libro si poteva furbescamente, ovvero con poca fantasia, intitolare “Lo zen e l’arte di raccogliere funghi e tartufi”. Ma il rischio sarebbe stato quello di ingannare il lettore portandolo in un sentiero povero di pepite d’oro.
Alzarsi presto. Il libro dei funghi (e di mio fratello)
Sandro Campani
Einaudi, 184 pp., 16 euro
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