Una fogliata di libri
Al confine dei mondi
La recensione del libro di Pavel Aleksandrovicč Florenskij, pubblicato da Aragno (96 pp., 15 euro)
Pavel Aleksandrovičc Florenskij nacque nell’attuale Azerbaigian nel 1882 e morì, fucilato dai comunisti, non lontano da Leningrado nel 1937. Uomo dalla cultura sterminata, ingegnere, scienziato, teologo, prete ortodosso, marito affettuoso e padre amorevole, egli, oltre che una luminosa testimonianza personale di cristiano dalla fede profonda, ci ha lasciato una cospicua eredità di scritti. La riscoperta, la traduzione e la diffusione di molte delle sue opere hanno fatto sì che, negli ultimi trent’anni, la conoscenza di questa grande figura si sia notevolmente ampliata anche nel nostro paese, ove, comunque, opportunamente si continua ad attingere al patrimonio degli scritti florenskijani, come è accaduto di recente nel caso della pubblicazione, a cura di Lucio Coco, dell’opera Al confine dei mondi. L’intenzione primigenia dell’autore era quella di redigere una sorta di quaderno ove trascrivere i propri sogni. Ben presto, però, il lavoro prese una piega diversa e diventò una specie di taccuino nel quale, accanto al materiale onirico, trovano spazio apologhi e riflessioni di carattere spirituale ed esistenziale, materiali che fanno riferimento a “esperienze di soglia” e che sfumano in qualcosa che si colloca “al confine dei mondi”.
Padre Pavel si dimostra particolarmente interessato alle zone di frontiera, ove si rende presente l’invisibile, ciò che sfugge alla razionalità: senza questa dimensione, la vita terrena sarebbe ben poca cosa. “In tal modo – chiarisce il curatore –, per chi ha assunto questa posizione di confine, tutto diventa significativo, tutto diventa segno di qualcos’altro, ispira relazioni non banali, non oggettive, che fanno pensare, che inducono a interrogarsi”. Padre Pavel sfiora il confine, a volte lo oltrepassa, cogliendo i limiti della scienza stessa e aprendosi alla “verità” che è sempre qualcosa di più del “vero”. Si tratta di una verità che fa riferimento all’Assoluto, che sta alla porta: “Tenere la porta chiusa – scrive Coco – significa ancorarsi pavidamente a delle certezze che risultano essere senza fondamento, se non trovano il fondamento proprio su questo abisso che si schiude al di là della porta”. A Florenskij non bastò mai la dimensione terrena, nella quale seppe tuttavia offrire contributi assai significativi (proprio l’utilità delle sue straordinarie competenze tecniche ritardò la persecuzione dei comunisti contro di lui). Egli non esitò a muoversi al confine dei mondi e, più volte, ad attraversarlo, ritornando sempre colmo di nuove suggestioni.
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