Una fogliata di libri

Album di famiglia

Raffaella Silvestri

La recensione del libro di Alaíde Ventura Medina edito da Polidoro (216 pp., 17 euro)

Dopo aver finito di leggere Album di famiglia, di Alaíde Ventura Medina, sono andata a cercare per prima cosa l’autrice, con l’assurdo intento di capire se i fatti narrati erano reali e autobiografici – una capacità così precisa di selezionare gli eventi e i movimenti del singolo per farne racconto sociale l’ho trovata recentemente solo in Edouard Louis, in Metodo per diventare un altro (La Nave di Teseo). Medina (Xalapa, Messico, 1985), è antropologa e ricercatrice di Scrittura creativa in spagnolo all’Università di Houston. Album di famiglia, che nella versione originale si chiama Entre los rotos (letteralmente “tra le persone rotte”), è il suo primo romanzo, ed è il racconto di una donna che ripercorre la propria crescita attraverso le foto conservate dal fratello minore Julian. La struttura è quindi basata sui ricordi legati a ogni foto – fotografie scattate sempre un momento prima di un avvenimento violento, traumatico o variamente sgradevole, perché tutta l’infanzia di lei e Julian è stata così: un processo di rottura. Ma se nella vita dei protagonisti questo danno è causato dal padre, il romanzo ci dice qualcosa sulla violenza che è più ampio di una situazione familiare, più universale: è un romanzo di alleanze e triangolazioni e di sopravvivenza e tradimenti. La protagonista accetta l’amore limitato del padre “tradendo” così il fratello e la madre, questi ultimi tradiscono a loro volta la protagonista. Attraverso la loro alleanza, che la esclude. Attraverso il silenzio, il mutismo selettivo di Julian e il silenzio passivo della madre; tradiscono anche attraverso la loro fisicità, magri ed eterei, non si possono difendere, non vogliono essere salvati (lei, al contrario: mangia anche come modo per esistere). “La prima guerra a volte è la casa. La prima patria persa, la famiglia. (…) il ruolo di complice primordiale spetta al fratello, unico vero testimone del massacro”.

Lo stile è forse l’elemento più notevole del romanzo, che cancella la frammentarietà del concetto di “album” perché tiene insieme, asciuga, taglia il superfluo e compatta. Una scrittura precisa, che è capace di raccontare un paese senza fare ricorso alle cadenze, ai tic verbali, al lessico. “E’ fondamentale non dimenticare che abbiamo camminato insieme e che oggi ci terrorizzano gli stessi mostri”. Il riferimento alla patria è ricorrente ma resta sottotesto; la letteratura ispano-americana di oggi sa fare questo, inglobare il discorso sociale, politico, nelle trame più profonde della scrittura narrativa.

    

Alaíde Ventura Medina
Album di famiglia
Polidoro, 216 pp., 17 euro 

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