Una fogliata di libri
La foresta del nord
La recensione del libro di Daniel Mason edito da Neri Pozza (384 pp., 20 euro)
L’unico difetto de La foresta del nord di Daniel Mason è non essere un poema in versi. Il medico e scrittore americano ha resuscitato l’epopea con risultati moderni, frammentati, mai didascalici e barocchi. Un palazzo narrativo tenuto insieme da specchi linguistici così complessi e raffinati da appartenere a un’altra epoca. Mason scrive per uomini del futuro in grado di recuperare quella che noi percepiamo come antica poesia del romanzo. E così si può spiegare perché le vicende siano appunti di un viaggio, che è il viaggio stesso della storia, dal Settecento a un domani imprecisato, un avvenire che non può fare a meno del suo passato. Una coppia fugge da una comunità che impedisce loro di amarsi e si rifugia in un bosco. Degli indigeni distruggeranno quello stesso villaggio e dei soldati proveranno a sterminare la tribù, salvo essere fermati da una “mezzosangue”, una di loro un tempo sposata con un indigeno. Poi altre storie e un meleto, un orizzonte di fecondità rara e fragile, il vero centro della storia. Perché ci sono pazzi, incompresi, violenti e sopravvissuti, ma la vera chiave di volta è un frutto costantemente in pericolo, il frutto del bene e del male.
A impreziosire la lingua di Mason è proprio questo espediente didascalico – il frutto biblico – reso oscuro, ambiguo, antimorale. La foresta del nord, quindi, è un libro oscuro, ambiguo, antimorale. Non è una lezione, non vuole essere un corso, non è un progetto culturale. E’ un’esperienza artistica completa, fatta di vicende la cui usabilità non si fonda su una chiara indicazione etica, ma su una sistematica delegittimazione della ragione pratica. In un mondo saturo di libri-dipartimento (il libro sulla scienza, il libro sull’ambiente, il libro sul femminismo), Mason riesce a parlare di tutto senza la necessità di autentificarsi alla dogana dell’egemonia culturale. E l’unico modo per farlo è parlare degli assoluti in un guscio di noce. Della vita e della morte stesse in un fazzoletto di terra che si fa rifugio d’amore, palco di un delitto, casa imposta dagli eventi. Che si fa, in altre parole, un’alternativa al perscrutabile. In Italia, una “patria” fondata arbitrariamente sulla pedagogia da televisione di stato, non abbiamo niente del genere. Abbiamo anzi perso contatto con l’arbitrio totale della vita, che si rispecchia nell’arbitrio dell’uomo, oggi sempre più schiavo e vittima di un perfezionismo inospitale. Che si possa, allora, ritrovare una nostra “stazione remota dei boschi del nord”.
Daniel Mason
La foresta del nord
Neri Pozza, 384 pp., 20 euro
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