una fogliata di libri - Lettera da una mattina
Come un germoglio ad aprile
Uno stelo appena nato e il ricordo di un fratello che non c'è più. Un segno in una grigia cucina di Milano alle otto del mattino
Quasi le otto. Gli stanno mettendo il grembiule. Lui ha in una mano una merenda e nell’altra una macchinina: difficile infilargli le maniche, e con i piedi sfugge le scarpe, e ride. Ha tre anni, biondo, capelli alla Dozier. L’ora di andare all’asilo. Ma Martino di colpo corre verso il balcone: “Ti devo fare vedere una cosa!”.
Torna con un vasetto di plastica in mano. Un germoglio di pisello da fiore, di quelli che crescono ovunque, se solo hanno un po’ d’acqua. Mi complimento con il nipote per il germoglio, di cui è molto fiero. Dieci centimetri di stelo verde chiarissimo, tenero eppure audace. Ma, come un’interferenza un ricordo mi taglia la memoria (dove stiano archiviati i file dei ricordi, in quali stanze, e come si presentino senza essere nemmeno evocati, che mistero).
Avevo un fratello alto, grande, un pezzo d’uomo. Forte, sarcastico, provocatore. Negli ultimi giorni era ridotto a pelle e ossa, sulle sue lunghe mani le linee delle vene come radici. Era un medico, eppure sembrava non sapere. Parlava di tornare a casa. Dopodomani, diceva dal letto, “Torno a casa. E sai cosa voglio fare? Voglio seminare i piselli odorosi, quelli che piacevano a nostra mamma, sul terrazzo, e vederli spuntare. Ti ricordi, Marina, quei germogli, ad aprile, sul balcone a Milano?”.
Semplicemente piantare dei semi, e vederli nascere. Di tanta vita e amore, e affanni, desideri, e viaggi, e Borsa, attentamente sorvegliata ogni giorno; di tutto questo, alla fine restava a mio fratello il desiderio di piantare dei piselli. Di rivedere quel verde bambino, quei germogli diritti e petulanti.
Mio fratello è morto dieci anni fa, proprio ai primi di aprile. Quel vaso nelle mani di un nipote che non ha mai conosciuto, brandito con gioia davanti ai miei occhi. E’ una lama questa mattina il ricordo: taglia e sbalordisce. La stessa pianta, gli stessi giorni. La limpidezza ignara di un bambino.
Segno, è qualcosa che rimanda ad altro, come le tacche bianche e rosse sui sentieri di montagna. Un segno, possibile? In una cucina di Milano come tante, davanti a un grigio cortile.
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