Una fogliata di libri
Confessioni di un'amica
La recensione del libro di Elizabeth Day edito da Neri Pozza (352 pp., 19 euro)
"Ogni amico rappresenta un mondo in noi, un mondo che non è ancora apparso finché egli non arriva, ed è solo da questo incontro che nasce un nuovo mondo”. Fa venire in mente questa frase di Anaïs Nin il bel saggio che Elizabeth Day dedica a un aspetto così centrale nella vita di ciascuno, e in parte non così affrontato, come l’amicizia.
Cosa significa essere una buona amica? Questo si chiede l’autrice quando, raggiunti i quarant’anni, si rende conto di essere diventata una friendaholic ovvero dipendente dalle amicizie, tanto da volerne collezionare il più possibile senza però riuscire a dare loro il giusto valore. Poi ci si mette la pandemia che screma rapporti e permette di andare più all’essenziale, mostrando i limiti di un approccio all’amicizia in fondo dispersivo e non edificante (nel senso che non costruisce la persona, nella sua complessità e sfaccettature). Ci si chiede perché si sceglie qualcuno come amico, se per affinità o per caratteristiche naturali, come si comporta l’amicizia con la distanza generazionale, con la differenza di sesso, con i mezzi tecnologici che in parte ne cambiano le regole e gli inneschi. Amicizie che hanno come cardine il desiderio di trasparenza, altre che non reggono agli urti della vita o alle dolorose deviazioni di percorso. Le riflessioni della Day, leggere nella forma e più di peso nella sostanza, sono intervallate da testimonianze varie di persone tra loro diversissime per età, cultura, ceto sociale e provenienza che pongono l’accento su aspetti diversi di cosa significhi essere amici e di come questo sentimento attraversi trasversalmente le singole esistenze. E poi si tocca uno dei temi cardine legati all’amicizia ovvero il suo rapporto con il passare del tempo, o meglio, con il cambiamento. Perché, soprattutto per le amicizie che ci accompagnano per decenni, non si può non fare i conti con il fatto che le persone evolvono, cambiano, modificano il rapporto che hanno con sé stesse e quindi con il mondo. E quindi la sfida è continuare a voler bene a una persona cambiata. “L’approccio più salutare è quello che prevede di accettare che le amicizie sono cicliche, come le stagioni. Alcuni rapporti riescono a rigenerarsi mentre altri, pur giungendo alla loro fine naturale, continuano a influenzarci: ed è questo l’aspetto che permane nel tempo. Non l’amicizia in sé bensì i segni che lascia su di noi”. L’amicizia diventa quindi, indipendentemente dal suo esito, un’occasione di scoprire più di sé stessi, di sperimentare la gratuità e il bene disinteressato. “Ecco cosa fanno le vere amicizie. Ci danno la cosa più importante di tutte: la speranza”.
Elizabeth Day
Confessioni di un’amica
Neri Pozza, 352 pp., 19 euro
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