Una fogliata di libri
Vasilij Grossman davanti all'immortalità dell'uomo
Un racconto di dieci pagine dedicato alla visione della Madonna Sistina di Raffaello: è il libro "Il bene sia con voi", edito da Adelphi. Una sinfonia in due movimenti: il primo dedicato alla contemplazione teoretica sul quadro, il secondo di universalizzazione storica
"La terra su cui tutti viviamo trema – alle armi atomiche sono subentrate le armi termonucleari. Presto diremo addio alla Madonna Sistina… Lei, invece, giovane madre con il figlio in braccio, andrà incontro al suo destino e con la prossima generazione di esseri umani vedrà una luce possente e accecante splendere nel cielo: il primo scoppio della potentissima bomba a idrogeno, foriero di una nuova guerra globale".
Con queste parole Vasilij Grossman si avvicina alla fine del suo straordinario racconto di dieci pagine dedicato alla visione della Madonna Sistina di Raffaello (in “Il bene sia con voi!”, Adelphi). Dieci paginette che hanno il respiro di una sinfonia in due movimenti. Il primo dedicato alla contemplazione e alla riflessione teoretica sul quadro, e il secondo, poesia in prosa, di universalizzazione storica di quella tela che tanti artisti prima di lui aveva commosso. Dostoevskij la vide a Dresda, dov’era custodita, e dove lui si era recato per giocarsi anche il resto di se stesso. Grossman la vede nel 1955, a Mosca, dove l’opera, insieme ad altre portate via dalla Germania sconfitta, era stata tenuta sotto chiave per dieci anni. In una fredda mattina di fine maggio, nella capitale del comunismo reale e dell’ateismo di stato, Grossman si reca in pellegrinaggio a vedere il quadro. E la prima sensazione che ricava vedendola, la prima, è che quell’opera sia immortale.
E non usa questo termine genericamente, è infatti attorno all’immortalità calata dentro l’umano e la sua storia che ruota l’intero poema in prosa. Grossman ricorda la potente commozione provata leggendo Tolstoj, il trasporto travolgente e intimo suscitato dall’ascolto di Beethoven, ma “solo questo quadro di Raffaello non morirà finché l’uomo avrà vita”.
A Grossman non interessa il quadro come espressione di un immortale divino, ma dell’immortale che è nell’uomo, anzi dell’immortale che è l’uomo stesso con la sua storia, con il suo andare incontro al proprio destino in ogni epoca. L’immortalità sta nella vita che attraversa l’uomo nonostante tutto, anche quando vilipesa e annientata, anche a Treblinka, anche durante le deportazioni staliniane, anche negli ultimi degli ultimi e in ogni tempo.
La potenza universalizzante di Grossman, la sua capacità di evocare l’umano in tutte le possibili figure che attraversano dolorosamente tutte le possibili epoche ha molto più di qualcosa in comune con i grandi poemi umanisti di Walt Whitman, in cui risuona uno spirito fratello. Ma sopra ogni cosa, nelle pagine di Grossman risuona una pietà assoluta per l’uomo, una pietà eroica e celebrativa mai sporcata neppure da una sbavatura di sentimentalismo. Nelle sue pagine vi è il dolore assordante e annichilente della violenza intrinseca all’esistenza umana, ma senza lamentazioni; e allo stesso tempo, in un unico movimento, vi è la resurrezione della carne che avviene a ogni nuova nascita, a ogni nuovo bambino tenuto in braccio da una madre.
In questo senso, il quadro della Madonna Sistina mostra l’immortalità dell’uomo, la rigenerazione della vita e la sua cosciente accettazione. Nulla di ciò che è umano sembra poter davvero scomparire. In una magnifica immagine straordinariamente materialista, e profondamente spirituale, Grossman traccia un’analogia tra la tela di Raffaello e un’esplosione termonucleare: qui vediamo la materia trasformarsi in una quantità enorme di energia, nel quadro, invece, vediamo lo stupefacente processo inverso ossia la materializzazione dell’energia, “la forza dello spirito, la maternità si cristallizzano e prendono forma nella soavità della Madonna”.
Il fatto stupefacente è che l’immortalità di cui parla Grossman a proposito del quadro sembra materializzarsi e trasferirsi anche nella forza del suo racconto. Attingono entrambi, attraverso i secoli e attraverso la distanza siderale che può intercorrere tra le due opere, alla stessa sorgente dai molti volti che qui non possiamo che chiamare Verità.
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