I cinque misteri dolorosi di Andy Africa
La recensione del libro di Stephen Buoro, Atlantide, 398 pp., 20 euro
Si può essere giovani in un paese in guerra? I ragazzi dopo il 1989 sapevano cosa aspettarsi dall’Europa e, almeno in parte, rimasero delusi. In parte no. Dentro questa contraddizione si muove anche Stephen Buoro, ma a tutt’altra latitudine. Siamo in Nigeria e Andy Africa è un giovane che fa il giovane e sogna da giovane in una terra che dà notizia ogni giorno di guerre etniche, rapimenti e persecuzioni religiose. E per fare il giovane ha bisogno di innamorarsi di ciò che vede e di ciò che legge, in poche parole dell’occidente. Andy Africa ama le donne bionde, con buona pace per la ragazza che gli fa il filo e tante altre nigeriane: “Penso che le ragazze nere siano brutte? Certo che no. Significherebbe che la mia mamma è brutta. E questa stronzata non la voglio proprio sentire. Da nessuno”. Ama anche gli eroi dei fumetti (occidentali) e i film (occidentali). Un ragazzo immerso in un occidente di esportazione, liofilizzato. Ma tanto basta a un ragazzo per amare seriamente quel che sa di un mondo così diverso dal suo. Stephen Buoro non lo nega mai e fa una cosa tipica degli scrittori, quelli seri: va al fondo di questo amore per ricavarne un paradosso, un’anomalia umana e morale che faccia crollare tutto. Evita il lieto fine. Come?
Quello stesso occidente rappresentato dalla nipote di padre McMahon e da una semplice equazione, secondo cui “Amleto, Blade Runner e Bohemian Rapsody sono la stessa cosa”, non sradica, non può farlo, gli occhi africani che guardano quella cultura, quella civiltà, sua, certo, ma che non riesce a definirlo. E per cercare un io nel gioco di specchi delle due culture Andy Africa si convince che deve darsi delle possibilità. Cioè, in altre parole, poter imparare a conoscere senza doversi porre le domande giuste, anzi senza porsele affatto.
In questo senso regge, forse, il paragone tra John Fante e Buoro, che campeggia sulla stampa internazionale: come in Fante si impara sul campo. Ma, a differenza di Fante, c’è sicuramente una coscienza infelice tradita da Buoro, la coscienza di chi sa di avere due anime, occidentale e africana, e per questo deve restare nella contraddizione, deve evitare il proselitismo pro o contro una causa. Come si sta nella contraddizione? Allo stesso modo in cui si emigra. Ed è ciò che farà Andy Africa con i “suoi drughi”, gli amici con cui si immagina supereroe. Ma ogni viaggio è casa e il sole del deserto è “tre volte il sole di mezzogiorno a Kontagora”, pieno di scheletri: “Quello è il quarto che vedo”.
I cinque misteri dolorosi di Andy Africa
Stephen Buoro
Atlantide, 398 pp., 20 euro
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