una fogliata di libri

L'ultimo pinguino delle Langhe

Alessandro Mantovani

Orso Tosco, Rizzoli, 276 pp., 17 euro

A prima vista le Langhe non appaiono come uno sfondo adatto per un noir. Tra paesini, brume, vino, osterie e anziani che giocano a carte, il territorio del basso Piemonte sembra più la cartolina di un’Italia d’altri tempi, aliena alla modernità, che lo scenario di un crimine efferato. E invece Orso Tosco ci precipita in una storia vorticosa e oscura, intessuta proprio in questa geografia reticolare di luoghi dai nomi favolosi. Giunto alla sua terza prova narrativa, l’autore ligure sorprende tentando, questa volta, la maniera del racconto di genere e dimostrando ancora una volta la sua felice poliedricità. 


Dopo il romanzo distopico-psichedelico e la scrittura di viaggio, il nuovo testo di Tosco costruisce una storia tanto intricata quanto riuscita e, con essa, ci regala una figura singolare e inedita di commissario: Gualtiero Bova, detto il Pinguino, per il suo modo goffo di camminare. In bilico tra uno Sherlock Holmes in salsa nostrana e un anziano di paese, Bova si accompagna sempre della sua pipa e della bassotta bionda che chiama sempre, ripetendo il nome, Gilda gildina. Tuttavia il Pinguino è un personaggio ben in grado di trascendere gli stereotipi del genere e non per il fatto che faccia uso regolare di microdosi di acidi lisergici, le quali, stregonescamente, gli amplificano le sensazioni e aprono la mente durante le indagini, ma perché si mostra come un personaggio caleidoscopico e contraddittorio, cinico e freddo, aspro e premuroso, goffo e acuto, tanto comico nel suo aspetto quanto implacabile nel ragionamento. E sarà sull’omicidio di una giovane ragazza, usato come minaccia a un miliardario svizzero residente in una villa della zona, che il Pinguino dovrà indagare, dando il via a una storia ben architettata che, pur rispettando i canoni del genere, è in grado di ricevere brillantemente le peculiarità stilistiche e tematiche di Tosco.


Il fascino per i reietti e i pazzi, le droghe come strumento di affinamento percettivo, un nemico la cui crudeltà sconfina nei territori del sacro e dell’oscuro e una realtà invasa da una dimensione fantasmatica, pronta a partorire orrori e mostri, sono tutti ingredienti che Tosco mutua dalle precedenti esperienze narrative e che vanno a comporre un romanzo ancora una volta allucinato, espressionista, in cui il disgusto e l’oscenità diventano motori per il racconto di un mondo e di uomini che, al di là dell’apparente nitore da cartolina, stingono in una dimensione deformata e mostruosa che ne rivela la vera natura. 

 
L’ultimo pinguino delle Langhe
Orso Tosco
Rizzoli, 276 pp., 17 euro