Manualetto per la prossima vita
La recensione del libro di Ermanno Cavazzoni, Quodlibet, 256 pp., 17 euro
Siamo soliti usare il sostantivo “cinismo” e l’aggettivo corrispondente per rappresentare un atteggiamento freddo, distaccato, al limite perfino meschino per la sua disumanità. Ebbene, il filosofo Epitteto descriveva i cinici come esploratori, inviati in avanscoperta fino ai margini più estremi dell’umano, per tornare poi ad annunciare la verità che, al di sotto di convenzioni, regole, credenze, hanno visto. Il cinico è colui che, con lungo esercizio, si è reso massimamente libero nel movimento: questo movimento non lo allontana dal mondo, ma gli permette di calarvisi ancora più dentro, chiedendo conto, con coraggio, di ogni cosa incontri. Ogni legame, ogni abitudine, ogni convenzione, ogni norma di condotta, ogni superstizione o fede è sottoposta a uno stringente interrogatorio: il cinico tende le trame sociali che lo circondano, ne muta la forma, talvolta ne strappa i bordi. Non gli sono estranei ironia e sarcasmo: parodiare la realtà la smaschera come qualcosa alla portata umana, come qualche cosa che ci siamo un po’ inventati nella nostra povera esistenza disorientata, pur di sopravvivere e restare saldi.
Ora immaginate un pomeriggio di primavera. E’ un giorno feriale e la gente è al lavoro. Ci siete solo tu e Ermanno Cavazzoni, che oziate a un tavolo all’aperto di un bar. Cavazzoni parla e parla e parla, ma non farnetica: si guarda attorno e descrive ciò che vede con le parole di chi, dopo un esercizio lungo un’intera vita, ha sentito la vocazione di andare in avanscoperta senza riferimenti salvifici, e mettere in dubbio la nostra vita. Le sue parole, dapprima, vi fanno sorridere, talvolta perfino ridere, perché ha un modo disarmante di esprimersi: lo ascoltereste per ore e ore. Ma un po’ alla volta sentite vacillare ogni certezza, sentite sbiadire ogni significato, l’intero senso del vivere. Cavazzoni non ci sta condannando per la finzione in cui viviamo. Ci invita però alla consapevolezza che, in fondo, è davvero tutta una finzione: non possiamo che inventarci un senso per tirare avanti, ma non prendiamolo troppo sul serio. Abbiamo una parte da interpretare, ma non crediamoci troppo. Abbiamo un lavoro, abbiamo un’abitazione, abbiamo istituzioni, abbiamo un complesso apparato di norme, abbiamo fedi, ma non c’è niente che, se osservato sotto la giusta luce, non ci restituisca l’immagine un po’ impacciata, molto spaventata, decisamente spaesata di un animale bipede che fa quello che può con quello che ha. E talvolta nemmeno basta.
Manualetto per la prossima vita
Ermanno Cavazzoni
Quodlibet, 256 pp., 17 euro
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