Tutto su di noi
La recensione del libro di Romana Petri, Mondadori, 216 pp., 18,50 euro
Non potevo immaginare che venire al mondo significasse esaurire immediatamente la pazienza”: in quest’ultimo romanzo di Romana Petri, autrice dal talento ricco di sfumature, mai uguale a sé stessa e lontana da qualunque modello letterario, di pazienza ce n’è ben poca mentre ad abbondare è la forza.
Tutto su di noi – che dal titolo denuncia un modo d’essere, un’apertura al mondo innaturale ma completa – è forse il romanzo più potente di Petri, quello che la allontana con decisione da Le serenate del Ciclone, in cui la figura del padre non era soltanto la descrizione d’un uomo ma più che altro d’un dio sceso in terra. Qui, di quell’idea mitica di genitore e uomo resta solo un’ombra, mentre a occupare la scena è la personalità violenta e gretta di Filippo Marziali, il padre di Marzia – voce narrante, implacabile e furiosa, dell’intera storia.
Pagine strabordanti, in cui accade tutto: la narrazione dell’amore malato tra Filippo e Marisa, i tradimenti continui di lui ai danni di lei – moglie devota e “ninfomane di un solo uomo”, come la definisce l’autrice – i litigi che si evolvono sempre in pericolose guerre verbali, s’alternano senza sosta a un’altra narrazione, quella più marmorea ma non meno violenta e che riguarda solamente Marzia, la sua idea di mondo, la sua concezione di vita. Lei, che fin da ragazza pratica la lotta greco-romana trasformandola in una vocazione professionale e non, è il simbolo della ricerca affannosa della perfezione.
Il suo corpo, così duro e muscoloso, tanto diverso da quello più morbido della madre, è l’arma con cui sfida la realtà, lo strumento che impugna contro suo padre – che vigliaccamente di lei ha timore; “ero finalmente la donna che avevo tanto desiderato essere: una donna sola. Nella solitudine avevo l’impressione di aver eliminato il dolore, perché il dolore veniva dagli altri”: ecco che Marzia, raccontando tutto della famiglia, dei traumi che la definiscono e che la formano come umana in grado di scegliere cosa non essere, individua nell’autosufficienza lo scopo finale. Bastarsi, allentare la morsa delle radici, rincorrere la potenza del bello – da cui scaturisce l’ideale sommo della perfezione greca, quel kalos kai agathos così complicato da mettere in atto – è ciò che la trasforma nella semidea con cui il libro si chiude.
Tutto su di noi non è un romanzo in cui ci si chiede cosa sia l’amore – eccezion fatta per quello che arriva dagli animali, qui dentro i cani hanno un ruolo possente. E’ piuttosto un romanzo in cui ci si domanda chi siamo, chi saremo al di là della famiglia, e come e quanto sia possibile diventare creature integre quando a definirci non sono mai i ricordi felici ma solo le più grandi sofferenze.
Tutto su di noi
Romana Petri
Mondadori, 216 pp., 18,50 euro
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