Una fogliata di libri
I miei uomini
La recensione del libro di Victoria Kielland edito da Sellerio, 248 pp., 15 euro
Esiste un amore esterno che afferma o nega e uno interno che fa domande, attende risposte. Quello di Belle Gunness è sicuramente un amore di tipo due. Ma, domande per domande: chi è Belle? La più sanguinaria serial killer donna d’America, nascosta in un’identità acquisita sposando un suo connazionale, Peder Gunness, morto in circostanze misteriose, nel 1859 nasce come Brynhild Paulsdatter Størseth, poi mandata da un’umile famiglia norvegese come domestica in una fattoria a Stjørdal, e infine alla ricerca di fortuna nella land of opportunity di inizio Novecento.
Victoria Kielland, investiga la vita di Brynhild Størset partendo un passo prima della furia omicida compulsiva che l’ha resa, prima di scomparire senza essere mai smascherata, la giustiziera di quaranta vittime. La storia non parte così dal 28 aprile del 1908 giorno in cui a La Porte, in Indiana, una fattoria viene distrutta rivelando nei giorni successivi la sepoltura di quaranta cadaveri maschili e di tre bambini e una donna con la testa mozzata. Tutto inizia da una diciassettenne innamorata, che rimane incinta dello stesso uomo-padrone, Firstborn, che l’ha illusa e poi brutalizzata con un calcio sul ventre gravido procurandole l’aborto. Attraverso un filo di pensieri assordante e una scrittura traboccante, Kielland cerca nell’americana Belle la traccia del dolore della norvegese Brynhild. La scrittrice con Belle sembra voler “soltanto sapere dove fosse il limite” di quella doppia vita che cerca salvezza: “Belle aveva bisogno di un norvegese, un uomo con i soldi, un uomo che conoscesse la lingua e la storia del gelido buio, l’aurora boreale si avviluppava tra le sue braccia, lei scriveva e scriveva come fosse questione di vita o di morte. La verità giaceva lì, luminosa e chiara di fronte a lei. L’amore era l’unica cosa in grado di salvarla”.
Ma la salvezza è prima dolore e la disillusione non tarda ad arrivare: “Era seduta tra infedeli, facevano tutti finta, tutti i contadini che provavano a vivere con il proprio frumento e le proprie patate e gli sterminati campi di mais”. E nell’assenza di amicizie e legami Belle scopre che “c’era sempre qualcosa che diventava troppo, qualcuno che la fissava troppo a lungo, un sorriso troppo allusivo e nauseante agli angoli della bocca, sguardi vuoti, uomini norvegesi con gli occhi sgranati che avevano abbandonato tutto per un piccolo pezzo di terra bagnata, che credevano che lei sarebbe diventata la loro moglie”. Nessuno spazio per l’amore di dentro. Molti silenzi, troppe domande.
Victoria Kielland
I miei uomini
Sellerio, 248 pp., 15 euro
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