Una fogliata di libri

La lingua della neopolitica

Giacomo Giossi

La recensione del libro di Michele A. Cortellazzo edito da Treccani, 244 pp., 19 euro

In fondo la politica non è finita, più che altro si è mimetizzata diffondendosi nella società in maniera inedita e più sfumata. Lontana dalle categorie abituali del Novecento oggi la politica accoglie dentro di sé la complessità di una società liquida e non poco confusa. L’aspetto forse più evidente è che questa complessità viene tradotta da una drastica semplificazione del corpo stesso della politica, ovvero il linguaggio che ha ormai perso ogni elemento aulico e distintivo rispetto a quelle che un tempo erano le date classi sociali. Tuttavia questa semplificazione e non poco spesso banalizzazione ha portato non tanto a un impoverimento del linguaggio, ma a un suo sorprendente rinnovamento, al punto da portare un emerito studioso della lingua come Michele Cortellazzo a dare forma online a una rubrica quindicinale sul sito di Treccani dedicato proprio alle parole della neopolitica. Ora quella rubrica ha assunto il corpo di un libro curioso, colto e interessantissimo, La lingua della neopolitica. Come parlano i leader (Treccani). Accademico della Crusca, Michele Cortellazzo si è buttato letteralmente nel corpo a corpo linguistico, non sempre gradevole e agevole, che caratterizza ormai il dibattito politico  principalmente sui social. Il testo di Cortellazzo rilegge la costituzione della politica contemporanea italiana partendo dall’uso del linguaggio: dall’accentramento del leader all’elaborazione di un tecnicismo politico – il cosiddetto politichese – che si allinea con il burocratese e il “giuridichese” in un terzetto stabile ai vertici del conflitto di potere ormai vigente  da almeno trent’anni. L’autore indossa i panni dell’esploratore, una sorta di  Indiana Jones alla ricerca del senso del discorso. Un’avventura che lo porta a ridefinire i margini e i limiti di un dire che è spesso figlio di un’idea di paese e di comunità  cui manca solo apparentemente visione e concretezza, anzi in taluni casi proprio visione e concretezza determinano il limite di un linguaggio troppo aderente (e quindi peggiorativo) a un contesto ritenuto insensatamente immutabile. Nel tempo del linguaggio peggiorativo che cerca la pancia o il gilet a seconda del vento del momento, Cortellazzo dedica un accurato capitolo a ogni movimento politico provando quanto meno a offrire una stabilità di senso in un tempo instabile in cui i voti sono sempre più volatili e la classe politica sempre più spaventata, al punto da alzare i toni abbassando di volta in volta il livello del linguaggio. 

    

Michele A. Cortellazzo
La lingua della neopolitica 
Treccani, 244 pp., 19 euro