Una fogliata di libri
Le mille e più luci di Alasdair Gray
L'autore scozzese, che ha ispirato Lanthimos nel suo pluripremiato "Povere creature!", ritorna in libreria con “Lanark": capolavoro sperimentale oscuro e affascinante, in una veste completamente rinnovata
Sarei qualcuno fra l’ottimista e lo sconsiderato, se mi proponessi di esaurire in duemila battute gli infiniti temi di “Lanark”, quadrilogia di Alasdair Gray appena ripubblicata da Safarà in volume unico (638 pp., 33 euro€). Mi limiterò a notare un dettaglio dopo aver ripetuto ciò su cui vado insistendo da tempo, come un missionario nelle Indie: Gray è il più grande autore sperimentale del tardo Novecento, poiché scriveva come se il secolo fosse ancora all’inizio, con la serietà iconoclasta dei funamboli modernisti. È pertanto una grave privazione al piacere della lettura cercare di interpretarlo sotto un’unica luce, come nel caso delle letture più manichee di “Povere creature!”, dovute al pur ottimo film di Yorgos Lanthimos. I romanzi di Gray possono infatti essere compresi solo in maniera fenomenologica, cioè non con l’ingenua adesione alla trama (empirismo) né col rimirare la grazia della struttura narrativa (razionalismo), bensì gettando tutto ciò nel simultaneo percepire il meccanismo intellettivo che Gray avvia nella coscienza del lettore.
In “Lanark” questa mise en abîme culmina nel sublime epilogo – piazzato cento pagine prima della fine – in cui l’autore spiega al protagonista tutte le citazioni implicite sfuggite fin lì a chi era troppo preso dalla trama. È dunque un libro di cui non si può parlare se non riscrivendolo, perciò mi basta un dettaglio: nella sua incessante reiterazione simbolica del trauma della nascita, “Lanark" mostra il protagonista intento a passare ogni volta dal buio alla luce, tentando di fuggire dalla cupezza di Unthank (una Glasgow deformata), da un’oppressiva clinica di antropofagi, da un tunnel interminabile. Lo stesso buio si trova a impossessarsi progressivamente del mondo in due dei romanzi più interessanti e apocalittici degli ultimi due anni: "Canto del buio e della luce” di Antonio Moresco (Feltrinelli, 588 pp., 29 euro) e “L’eclisse" di Laken Cottle di Tiffany McDaniel (Atlantide, 304 pp., 18,50 euro). Così il grande sperimentatore scozzese di ieri, il grande sperimentatore italiano di oggi, l’autrice che è già la più grande americana di domani, per raccontare, chiudono gli occhi e fanno calare il buio; come Omero, col quale tutto è iniziato.
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