una fogliata di libri
A Body Made of Glass: A Cultural History of Hypochondria
La recensione del libro di Caroline Crampton edito da Ecco Pr, 321 pp., 29,17 euro
Io sono un ipocondriaco. Non è un coming out perché non l’ho mai nascosto. Ma quando lo dicevo era con un po’ di vergogna. Adesso no. Rivendico l’hypocondriac pride. Merito di A Body Made of Glass: A Cultural History of Hypochondria della giovane saggista Caroline Crampton. Questo libro ti fa capire che sei davvero malato, di una malattia che ha radici psicologiche, culturali e colpisce soprattutto chi sia affetto da un alto quoziente intellettuale: “L’intelligenza è un disturbo mentale”, ha scritto Paolo Bianchi nel libro con questo titolo e che l’ipocondria abbia le sue radici nel genio creativo era già stato testimoniato da Brian Dillon in Tormented Hope: Nine Hypochondriac Lives. Nel libro della Crampton le vite ipocondriache sono molte di più. Su tutti, Immanuel Kant. Lui stesso si dichiarava ipocondriaco. Ne Il Conflitto delle Facoltà, il suo “testamento politicamente rivoluzionario”, ha rappresentato “i pensieri ipocondriaci” come un’insidia per le nostre facoltà cognitive, una manifestazione di debolezza della volontà cui opporre la forza della mente.
Secondo Crampton, l’ipocondria “è come una lente d’ingrandimento sull’antico problema dell’eterna lotta tra il corpo e la mente… Alcuni hanno sostenuto una separazione, il primato della mente sul corpo o del corpo sulla mente, mentre altri preferiscono pensarli come due facce di un tutto”. E ciò conduce al dibattito “sull’esatta sede della coscienza nel sé umano, e se la generazione del pensiero è un processo fisico simile, ad esempio, allo starnuto… Molte cose dipendono da questo: la natura dell’anima, cosa ci succede dopo la morte”. In tal senso “l’ipocondria è uno specchio che riflette i dubbi che ogni nuova epoca crea… Non è legata a una specifica condizione o tipo di malattia. E’ piuttosto l’essenza del dubbio stesso”.
Per definire questa dimensione escatologica dell’ipocondria, la Carson che vive la dimensione psichica del Male dopo avere attraversato quella fisica del cancro, ricorre alla metafora del vetro, materia di grande potenziale simbolico, fragile e trasparente così come appare il proprio corpo a un ipocondriaco. Metafora che nel tardo XIV secolo divenne una vera sindrome per coloro, come Carlo VI di Francia, che credevano che il proprio corpo fosse fatto di vetro e “si frantumasse al contatto”.
L’affascinante e intelligente “biografia culturale” di quello che oggi è definito “disturbo da ansia da malattia”, ci aiuta anche a capire molte delle psicosi contemporanee, dalla “Cyberchondria” indotta dal “Doctor Google”, ossia dall’autocura tramite Internet, al “nocebo”, qualcosa che ha un potere di suggestione negativo, al contrario del placebo cui attribuiamo un effetto positivo. Ormai è virale.
Caroline Crampton
A Body Made of Glass: A Cultural History of Hypochondria
Ecco Pr, 321 pp., 29,17 euro
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