Il ministero del tempo
La recensione del libro di Kaliane Bradley, Mondadori, 336 pp., 22 euro
Le macchine del tempo ci sono sempre piaciute, soprattutto quando permettono di portare gentiluomini e gentildonne d’altri tempi nella Londra di oggi o di domani per un progetto segretissimo. Espatriati temporali, che vengono accolti da speciali funzionari incaricati di attutire il colpo, spiegare il presente, tradurre la realtà per chi si è fatto le ossa sulle navi ottocentesche o altri contesti antichi, ed è stato risucchiato da una spedizione artica di cui non ricorda nulla. Come Graham Gore, noto come 1847, anno della sua morte, capitato nelle mani del “ponte”, l’io narrante senza nome di cui sappiamo solo che è per metà cambogiana e che ha avuto un bell’aumento di stipendio per partecipare a un programma che serve, ufficialmente, per scoprire gli effetti del viaggio temporale sul fisico e sulla fibra del mondo. Sono queste le premesse de Il ministero del tempo, di Keliane Bradley, caso editoriale coronato da una Babele di traduzioni, un paio di recensioni adoranti sul Guardian, acquisizione fulminea da parte della Bbc e da qualche, comprensibile, perplessità dei lettori. Perché nonostante la trama giocosa, i colpi di scena e l’inesauribile fascino di un meccanismo narrativo vecchio come il mondo, quello che permette di vedere la nostra realtà attraverso gli occhi “puri” di un osservatore esotico, lontano dai nostri codici, lo stile ornato e sentenzioso non è sempre all’altezza della trama, che avanza lentamente, come se alla vicenda mancasse il motore. C’è la storia d’amore, inevitabile, tra i due protagonisti – la scrittrice dice di essere rimasta incantata dall’unica foto esistente del tenente Gore, personaggio reale e dal tabagismo ben documentato – e i divertenti adattamenti dei cinque expat temporali al mondo contemporaneo, tra Tinder, Spotify e emancipazione delle donne rispetto ai loro tempi remoti, sono divertenti anche se piuttosto prevedibili. La sensazione è che l’autrice abbia voluto caricare la sua trama di troppi significati, farne il pretesto per una predica sul passato coloniale del Regno Unito e su un presente in cui le ingiustizie continuano a prosperare, senza trascurare un cenno o qualcosa di più su tutti i temi alla moda della contemporaneità – sacrosanto parlarne, ma metterli tutti insieme in un romanzo, dalla schiavitù ai khmer rossi ai diritti delle donne e delle minoranze? – che vengono affrontati in piccoli passaggi molto speculativi e poco narrativi, a scapito di una storia che avrebbe richiesto forse un piglio più scanzonato e avventuroso. Sorprende l’istinto ad andare così lontano per tornare a qualcosa di molto, molto conosciuto. (Cristina Marconi)
Il ministero del tempo
Kaliane Bradley
Mondadori, 336 pp., 22 euro