una fogliata di libri

La montagna nel lago

Giulio Silvano

La recensione del libro di Jacopo de Michelis, Giunti, 576 pp., 19 euro

Quando muoiono i ricchi è tutta un’altra storia. Il signore arricchito di un paesino affacciato su un lago “che ben pochi in Italia saprebbero rintracciare su una mappa” viene ritrovato morto in una baracca e subito bisogna trovare il colpevole. Il morto ha fatto fortuna con le reti, il suo retificio ha prodotto – orgoglio locale – le reti usate nei mondiali di calcio di Italia ’90. Un delitto terribile, per le modalità, e per i misteri che tirerà fuori. Subito il commissario identifica tra i sospetti un vecchio conoscente del morto, un pescatore del luogo che la sera prima dell’omicidio lo aveva “mandato a cagare con a voce un po’ troppo alta”, tanto che ci scappa qualche cazzotto. I due è da anni che non si sopportano, ma non si sa bene perché. E così Piero, il figlio trentenne dell’accusato, dopo una botta di cocaina sul traghetto, arriva nel villaggio dell’infanzia per cercare di capirci qualcosa di più. Lì è circondato dai fantasmi della gioventù, da quegli amici con cui si tuffava dalle rocce nel laghetto vent’anni prima, amici che allo stesso tempo teme ma che non vede l’ora di incontrare. Aveva promesso di non tornare mai lì, e invece eccolo, controvoglia, che si guarda intorno nella sua cameretta con i poster dei Clash e le locandine di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Siamo nei primi anni Novanta e non ci sono ancora quei device tecnologici che rendono più facile – e noiosa – un’investigazione. Non ci sono ancora i fastidiosi cellulari e metodi di tracciamento che rovinerebbero il plot. Piero sognava di fare il reporter, ed è finito a occuparsi di nera per un tabloid.

In un luogo dove “proverbialmente non succede mai nulla” vediamo, togliendo piano piano ogni velo di menzogna, frugando tra gli armadi pieni di scheletri, che anche la Storia d’Italia è passata di lì in quel posto sperduto, e forse i vecchi malumori si possono rintracciare negli anni dell’occupazione tedesca, nei decenni d’oro delle ideologie. L’amore per il true crime esploso nell’ultimo decennio, l’ossessione per i podcast sugli omicidi, resterà comunque sempre meno affascinante di una bella storia d’invenzione, tra “pigri volponi opportunisti”, preti che si martirizzano col cilicio, ex sessantottini, ex SS e giornaliste del Corriere, nel viaggio di un figlio che per la prima volta tira fuori quell’energia investigativa che da ragazzo lo faceva sognare di diventare giornalista. Se all’inizio, appena arrivato, vedeva la questione come una scocciatura, una volta entrato dentro la storia, “la prospettiva di riprendere la vita che aveva condotto negli ultimi anni stranamente lo metteva in ansia piuttosto che di buonumore”. Dopo La stazione, De Michelis si diverte di nuovo a incastrare storie che potrebbero essere vere, e a giocare con la cattiveria umana.

La montagna nel lago
Jacopo De Michelis
Giunti, 576 pp., 19 euro

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