Una fogliata di libri

Fumana

Roberto Paglialonga

La recensione del libro di Paolo Malaguti edito da Einaudi, 304 pp., 20 euro

Alla fine è felice per davvero chi diventa pienamente se stesso. Anche se restano le inquietudini, le paure. Anche se costa caro, e spesso bisogna sacrificare progetti o fantasie. Lo sa Fumana, la protagonista dell’ultimo romanzo di Paolo Malaguti. Lo sa ciascuno di noi, sebbene ad ammetterlo si possa far fatica. Soprattutto in un tempo in cui è folle la corsa a cambiare ciò che (si) è, senza remore né vergogna finanche per l’alterazione della propria natura o la corruzione della propria anima.

Un tempo di nebbia, appunto, come la “fumana” bianca e spessa che attanaglia quell’arzigogolo di fiumi, arbusti, isole e mare al delta del Po, e impedisce di vedere a un palmo di naso. Proprio lì, a Voltascirocco, cresce Fumana, in un ambiente quasi pre creaturale, biblico, dove “la terra è informe e le tenebre coprono l’abisso”. Ma lei sa e conosce, per questo si offre, pur in un’esistenza perigliosa, come un baluardo. Non tanto contro le incertezze, quanto contro le verità calate dall’esterno. Quelle della società palustre del Polesine, qui fotografata tra Otto e Novecento, alle prese con lo sganciamento da riti e modi del passato senza però ancora essere attrezzata per affrontare le insidie del presente; quelle dei parenti del futuro sposo, Luca, che la vorrebbero sottomessa e lontana dalla sua vocazione – il mestiere di “strigossa”, la guaritrice, che attraverso erbe, segni magici e preghiere poteva alleviare malanni e piccole magagne –, e che saranno poi la causa della loro separazione e della tragica sorte di lui; quelle degli ideologi di professione, che per imporre libertà e progresso sono pronti a far fuori chiunque non la pensi come loro (che déjà-vu!).

La scrittura incantata, e venata di espressioni del dialetto veneto, di Malaguti porta ad addentrarsi nelle atmosfere genuine, terrose e fluviali, della provincia. Un mondo tradizionale, a volte ingolfato in quell’odore stantio del “compromesso morale” cui ci si sente costretti per non soccombere all’impertinenza di dicerie, voci, sguardi. Vi si scontra la stessa Fumana, che col suo carattere impetuoso fa talora prudere le mani, ma come si fa a non volerle bene? Così assetata di giustizia, desiderosa “de far del ben” per restituire i frutti del dono ricevuto. Così libera, perché educata a “seguire” chi le sta davanti – il saggio e rude nonno Petrolio; la materna amica Lena, sua maestra nelle arti della medicina popolare – e ad amare senza riserve.

Diventare veramente se stessi allora implica scoprire e accogliere il senso della propria vita e del destino, tornando ogni volta a sorprendersi del fatto che non si è creatori, ma creature. E che “ognuno ga i doni che ga. Quel che possiamo fare l’è de seguirli, o de lasciarli là”. Ed è lì, nella risposta a quella chiamata, che si gioca tutto.

  

Paolo Malaguti
Fumana
Einaudi, 304 pp., 20 euro

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