Una fogliata di libri

Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi

Riccardo Bravi

La recensione del libro a cura di Faezeh Mardani edito da Mondadori, 444 pp., 24 euro

Da sempre molto poco conosciuta al mondo occidentale, la poesia iraniana dal 1921 a oggi è uno scrigno di esperienze artistiche alquanto variegate, nate tutte sotto l’egida di una complessa realtà socio-politica modificatasi radicalmente nel corso degli anni, la quale ha visto, come aspetto saliente, una delle più antiche civiltà del mondo tramutarsi in una Repubblica islamica guidata dall’ayatollah Khomeini (1979). E’ dunque attraverso il susseguirsi dei vari periodi storici dell’Iran che i due curatori di questa preziosa antologia, Faezeh Mardani e Francesco Occhetto, danno conto della varietà di  stili e di correnti poetiche che si sviluppano in parallelo con le grandi mutazioni che avvengono, soprattutto nel corso del Novecento, all’interno di questo affascinante paese, il cui fermento poetico ha accompagnato – e continua ad accompagnare – quei lunghi periodi alternati di luce e ombra della società iraniana. Dalla nascita della Poesia nuova nel 1921 ad opera di Nimā Yushij, momento che “portò l’Iran ad aprirsi al mondo in chiave letteraria”, fino alle nuove esperienze in chiave formale e sperimentale del cineasta Abbās Kiārostami e dei poeti Bijan Jalāli e Yadollah Royai, la poesia iraniana si è adattata e modificata secondo gli umori del suo popolo, alle prese con varie esperienze cardine di trasformazione radicale delle varie arti nonché della letteratura. Si tratta allora di un lavoro necessario questo, che raccoglie le voci di dodici poeti iraniani importanti presentandoli al pubblico italiano attraverso i loro testi originali e con delle schede biografiche che inquadrano la produzione di ogni singolo autore all’interno di un mondo artistico e culturale che spesso ha saputo reagire alle angherie del proprio tempo con la bellezza dei propri versi, ristabilendo in questo modo un legame nostalgico con le proprie origini persiane antichissime. Non troviamo solo poesia civile e engagée allora, capace di cantare ideologicamente il fallimento delle rivoluzioni, ma anche una poesia che riscopre l’intimità quotidiana e che si rifà per tematiche alle grandi narrazioni persiane stile Mille e una notte, dove il componimento più utilizzato, il ghazal, viene ampiamento preferito al verso lungo e talvolta prosastico della tradizione occidentale. E’ servendosene in maniera profonda, come fece Mehdi Akhavān Sāles, “nostalgico aedo delle rovine” e poeta di chiara ispirazione classico-mitologica, che la poesia iraniana riesce a diventare lo spartiacque tra il passato e il presente, tra una civiltà che si sta modificando radicalmente e un’altra che rimane invece salda nel cuore di quegli uomini leggendari che l’hanno creata:

“Tu, riparo e scudo negli attimi più oscuri
sottratti al firmamento del tuo sguardo!
Nei viali fioriti di tetre e aspre malinconie,
nelle stradine di notti ormai spente,
là, dimmi, quale stella
rischiara la tua notte, o fulgida scheggia di sole?”.

   

   

a cura di Faezeh Mardani
Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi
Mondadori, 444 pp., 24 euro