Una Fogliata di libri
C'erano una volta le scrivanie. Lettera dall'èra muskiana
La fortuna di essere cresciuti in un mondo di carta, di redazioni fumose e vecchie abitudini, dove ogni cosa aveva un volto, un peso, un odore
C’erano una volta le scrivanie. Non belle, massicce, spesso polverose. In ogni ufficio le scrivanie erano rigorosamente di proprietà di un dipendente. A volte, per decenni. Le scrivanie erano un mondo. I cassetti, il ricettacolo di carte di ogni tipo. Talvolta, ingolfati, si bloccavano, e allora bisognava sgottare: auguri di Natali dimenticati, biglietti di treni mai presi, spiccioli in vecchie lire. Ma, anche: furiose lettere mai spedite al direttore, disegni dei bambini, sigarette fossili, aspirine scadute. Orecchini, rossetti, nelle scrivanie femminili.
Accanto al computer c’erano le foto dei figli. La parete retrostante era ugualmente ritenuta di proprietà: quindi bandiere del Milan, anatemi calcistici, vaffa ai colleghi di destra, o di sinistra. La scrivania era ringhiosamente personale anche durante le ferie. La propria cucitrice metallica era sacra. Apprendo che le scrivanie sono in estinzione. Dopo il Covid, con lo smart working molte aziende risparmiano in spazi. Si turna: ogni giorno si prenota su una app la scrivania. Una a caso. I vecchi impiegati trovano al loro posto stagiste che spalancano gli occhi, stupite: “Ma io ho prenotato”, dicono. Quei tavolacci gonfi di carta e cose care erano una casa. Lenivano la grigia impersonalità degli uffici, metabolizzavano ire e segreti: ogni scrivania come la stiva di una nave.
Questa faccenda che ora il posto si prenota con l’app, sa di disumanizzazione. Non più i soliti con cui parlare al mattino, non più battute sul rigore alla Juve. Come sta tuo marito, dove vai in vacanza – basta, finito. Temo che sia un segno dell’èra muskiana. Musk ha annunciato che intende tagliare l’ottanta per cento dei dipendenti pubblici negli Stati Uniti – uomini e scrivanie, insieme. L’intelligenza artificiale farà meglio, e senza inutili rapporti umani. Ma quale fortuna abbiamo avuto noi, baby boomer, a crescere in un mondo di carta, di redazioni fumose e vecchie abitudini. In un mondo dove ogni cosa aveva un volto, un peso, un odore. Quale fortuna, e non lo sapevamo.
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