Diluvio
La recensione del libro di Stephen Markley, Einaudi, 1.304 pp., 26 euro
“Grappoli di candidi reticoli congelati, cristalli opachi, spumeggiavano come Alka-Seltzer. Oppure eruttavano dalle crepe nella roccia, piccole flatulenze nel buio che mandavano in alto frotte di bolle grosse come sassolini. O gorgogliavano da invisibili pori nel sedimento del fondo marino, formavano perline che restavano attaccate per un attimo e poi si liberavano da un soffice tappeto di sabbia. Sfrecciando avanti e indietro, salivano nell’acqua gelida. Una poesia folle scarabocchiata negli angoli non visti delle distese oceaniche”. E’ la prima delle innumerevoli visioni che costellano il mastodontico affresco distopico di Stephen Markley. Una carrellata cronologica che tratteggia l’America dall’Amministrazione Obama al 2040, dove si alternano via via personaggi portatori di istanze legate all’emergenza climatica e alla minaccia costante a cui è esposto il pianeta. Inondazioni, incendi, tempeste, intelligenza artificiale, una natura fuori controllo che si ribella e che appare impossibile da domare. E un coacervo di personaggi che con questo mutamento provano a fare i conti, da prospettive e sensibilità diverse.
La voce principale è quella di Kate Morris, volitiva leader di un movimento ecologista che è pronta a scendere a patti con chiunque pur di portare avanti la sua battaglia di emissioni zero; con lei c’è il suo compagno Matt, che ne sopporta le intemperanze rimanendo fedele alla causa. C’è Tony Pietrus, oceanografo e ricercatore, che fa una scoperta sconvolgente che metterà a repentaglio il futuro della Terra. E ancora Keeper, ex tossicodipendente che aderisce alla causa di un nuovo culto religioso portato avanti da un ex attore di Hollywood che si fa chiamare Pastore, una madre single che è a capo di un’organizzazione ecoterrorista, uno statistico geniale e un lobbista. Figure diverse che sviscerano differenti aspetti dello stesso tema. Cambiano anche i punti di vista (si passa dalla prima alla terza persona), stili e registri.
Una scrittura mossa, articolata e sempre variabile che permette di reggere – seppur alla lunga con qualche stanchezza – un’opera estremamente corposa (milletrecento pagine nella meritoria traduzione di Manuela Francescon e Cristiana Mennella). L’idea che sta alla base del romanzo è chiara ed è esplicita fin da subito la posizione dell’autore ma il romanzo ha il pregio, che è proprio della grande narrativa (soprattutto americana), di far incarnare i vari assiomi nei personaggi, che diventano portatori di idee ma insieme anche di storie, di vissuti, di temperamenti. Idee che diventano fatti, nel tratteggio di un mondo in cui “la paranoia era sopravvivenza”.
Diluvio
Stephen Markley
Einaudi, 1.304 pp., 26 euro
una fogliata di libri
La vita contro
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