“Gli esperti”, Alexandre-Gabriel Decamps, 1837 

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Rivoli carsici della letteratura italiana

Antonio Gurrado

Le ingarrichiane sono poesiole demenziali e zoppicanti. Vi si sono prodotti tutti, da Marinetti a Petrolini, da Malaparte a Eco. Una pratica che denota gli estremi fra cui si dibatte il carattere nazionale: boria e commedia

Ferdinando Ingarrica potrebbe essere un personaggio inventato; invece, purtroppo, è reale, nonostante che la sua opera completa sia appena stata pubblicata in un volume a cura di Stefano Tonietto (Poesia demenziale da Ferdinando Ingarrica a oggi, Quodlibet, 307 pp., € 19 euro). Tonietto infatti, otto anni fa, per la stessa casa editrice aveva scritto una Letteratura latina inesistente, irta di poeti arcaici che componevano direttamente in forma di frammento, di autori licenziosi come Gaio Adulterio Sfrenato, di filosofi politici che teorizzano il governo di tutti su nessuno. Nel 2022 si era reso Svetonietto, biografo di imperatori immaginari (Altri dodici Cesari, Exòrma, 162 p., € 16), dove spiccavano Dextaliniano, il primo imperatore repubblicano, e Dissidio, l’imperatore tardoantico traumatizzato dal non aver visto accoppiarsi i propri genitori.

  

Ingarrica non sfigurerebbe fra queste creazioni: giudice nel Regno delle Due Sicilie, allo scopo di ottenere fama letteraria pubblica nel 1834 l’Opuscolo che contiene la raccolta di cento anacreontiche su talune scienze, belle arti, virtù, vizi e diversi altri soggetti, composto per solo uso de’ giovanetti; i versi però sono di tale commovente bruttezza che ne ricava l’appellativo di “poeta ciuccio”, benché la famiglia compri in fretta e furia tutte le copie, nella speranza di ritirare il titolo dal mercato. Le sue orrende strofe moraleggianti – “L’ubriaco è l’uom schifoso / che avvilisce la natura; / tutto dì la sepoltura / per lui aperta se ne sta” – gli sopravvivono e diventano la base di anonimi nonsense parodistici: “Sono i sogni le visioni / che ti appaiono nel sonno: / puoi vedervi anche tuo nonno, / chi ti è morto e chi ti è viv”. Noti come maltusiani, in quanto troncano l’ultima parola a mo’ di salto della quaglia, più di un secolo fa questi componimenti instaurano una pratica letteraria in cui si producono Marinetti, Petrolini, Gramsci, Malaparte, Maccari, Eco. E’ un rivolo carsico della letteratura italiana che, più di tutti, denota gli estremi fra cui si dibatte il carattere nazionale: la pretesa che la scrittura sia edificante e sentenziosa; il riconoscimento che alla fine meglio far ridere, ci riesce naturale.

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