una fogliata di libri
Morte promessa e ineffabile sorpresa
Ho sognato che ero in un’agenzia di pompe funebri, per il mio programmato funerale. Lettera da una notte difficile
Forse è stato perché in casa hanno cambiato l’ascensore, e quello nuovo, con l’ interno di legno lucido, ricorda un po’ una bara. Su e giù nell’ascensore-bara ogni giorno, ti vengono certe idee.
Così l’altra notte ho sognato che ero in un’agenzia di pompe funebri, per il mio programmato funerale. In realtà, a parte una violenta emicrania, non stavo così male. Gli addetti, dei biondi giovani cloni tutti eguali, in divisa griffata, mi mostravano gentilmente la mia bara, assai simile all’ascensore: ma, dentro, rivestita di un velluto tra l’arancio fluo e il rosa. La stoffa aveva le pieghe di un sipario di teatro.
“Se mi garantite che è la mia ora – dicevo al clone capo – sono disposta al mio funerale. Solo, sto ancora parlando e pensando, quindi non sono perfettamente morta, e, finché penso, in quella bara non ci entro”.
I cloni apparivano disorientati: in genere avevano clienti più mansueti. “Le assicuro, signora, che le sue esequie sono per oggi, ci aspettano alla Basilica di San Marco per le 10”. E io, ora apertamente contrariata: “Finché penso, le ho detto, lì non ci entro. Il sollievo di essere morti è che smetti di pensare, è un mio diritto sindacale”.
I cloni allora si affannavano a chiamare il principale, che non si trovava; io, cupa, tamburellavo con le dita sul bancone. Il mal di testa martellava come un fabbro.
Non so come sia finita la storia, perché per quel dolore mi sono svegliata. Il senso, mi sono detta, da reduce di trent’anni di analisi, è che qualcuno vuole mettermi via, anche se non sono ancora morta. Sgradevole, subdolo sogno, mezza follia e mezza verità.
Al mattino però mi restava in mente, del film surreale, quel singolare fluo tra arancio e rosa in foggia di sipario, dentro la bara.
Dove l’avevo visto, quel colore? In un’aurora in Sardegna, mi è venuto in mente. Come se, al fondo di quella morte promessa, stesse una ineffabile sorpresa.
Allora mi sono alzata, e lieta ho chiamato i gatti, che mi hanno inseguita come sempre – in ordine gerarchico – verso la cucina.
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In frantumi
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