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Una fogliata di libri

L'amore è conoscenza: usiamola. Lo sguardo vivo di Annalisa Ambrosio

Marco Archetti

Nel suo nuovo libro, la scrittrice tratta della situazione odierna dell'amore con un punto di vista acuto, che sa tenere insieme un presente che è già cambiato e un futuro che, in fondo, è già qui. E non è così traumatizzante

Leggi “L’amore è cambiato” di Annalisa Ambrosio (Einaudi, 124 pp.,13 euro) e capisci come mai non si scrivano canzoni d’amore decenti: perché non esistono più il destino, la proiezione mitica e tutta la panoplia della rappresentazione romantica, grandioso residuato ormai inservibile. Inutile stracciarsi le vesti, Dio è morto, Marx è morto, nessuno di noi si sente particolarmente bene e così il mito dell’amore, come cantava Battiato verso la fine degli anni Ottanta: “Il mito dell’amore muore / senza tante cortesie…”.
Davanti a queste constatazioni, Annalisa Ambrosio – autrice e direttrice didattica di Academy, corso di laurea triennale della Scuola Holden – ha l’accortezza di restare lucida e non consegnarci l’ennesimo astioso Requiem, fermamente convinta che osservare e provare a capire i fenomeni sia meglio che rifiutarli e gettarsi a tonsilla rotta nello jodel moraloide tanto in voga tra le nonne, i ministri e gli scrittori. E che le cose cambino perché è la loro natura.

Dunque, muovendosi in piena coerenza rispetto al suo saggio precedente, “Lo spazio tra le cose, Aristotele e la felicità del cambiamento” (Treccani 2023), in cui raccontava di come potenza e atto – vecchia coppia, implacabile evergreen – non vadano intesi come momenti rigidamente separati, si tiene stretta questa visione e misura del mondo. E davanti al cambiamento dell’idea di amore – che fu sacro e ora è post-romantico – si chiede: che fare? Perché sì, certo, tutto cambia, ma cosa cambia davvero? Dismessi i simulacri, che ne sarà di noi in questo smottamento verso l’irrazionalità, orbati come siamo delle pie illusioni che servivano comunque a orientarci e ispirarci, per quanto fallaci si rivelassero? Vivremo ancora “felici e contenti” senza draghi da sconfiggere, manieri da espugnare e principesse da salvare? Un’app di dating sarà l’unico codice che darà significato alle nostre vite sentimentali? Va bene demolire lo strapotere della coppia, inevitabile ridimensionarne la centralità (dopotutto ogni epoca produce e subisce le proprie secolarizzazioni), ma Petrarca? E Dante? A mare anche William Shakespeare?

Tutt’altro, anzi: Ambrosio trasforma questo materiale da lamento funebre in uno sguardo vivissimo e acuto, che sa tenere insieme un presente che è già cambiato e un futuro che, in fondo, è già qui, e di fatto non è così traumatizzante. Cercando ciò che non cambia (i sintomi dell’amore, per esempio), scova ciò che non sarà più com’era, per concentrarsi sul fatto che offrirà migliori possibilità di quante non ne abbiamo mai immaginate. E trasforma ogni constatazione in un vero e proprio inno al sentimento amoroso come scoperta dell’immaginazione creatrice e della consapevolezza che l’amore è tante cose, le cui forme storiche sono variabili, ma quel che non varia è l’innamoramento, insieme alla straordinaria esperienza che promette: sentire che il mondo ci attraversa e trasformare ognuno in una forma intensificata di percezione della vita e del presente.

Da qui, trova il nucleo essenziale di un’epoca – la nostra, così fervida di divisioni, in cui ognuno si barrica dietro la propria esclusiva idea di inclusione – e scrive: “Se c’è una cosa davvero grande che mi ha insegnato la mia famiglia assai tradizionale è che non c’è niente che le persone che amano davvero non possano capire”. Da innamorati siamo tutto sguardo, “costretti a vedere”. L’amore è conoscenza: usiamola.
 

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