una fogliata di libri

La preda

Andrea Frateff-Gianni

La recensione del libro di Damon Galgut edito E/o, 160 pp., 17 euro

Sotto un cielo rovente nel bel mezzo del nulla, in un tratto di strada solitario, senza intorno case né persone, due uomini si incontrano. Uno è un prete di quarantatré anni, l’altro un fuggitivo senza nome che vaga nel deserto senza meta e senza scopo. A bordo di un furgoncino bianco i due si dividono una bottiglia di vino, fumano, si confessano a vicenda. A un certo punto l’uomo prende la bottiglia che ha di fronte a sé, la solleva di lato e la scaglia con forza sul lato della testa del prete. “La bottiglia si ruppe a mezz’aria dove prima c’era la testa del prete e il vino esplose rosso, come sangue. O forse era sangue. Poi l’uomo si chinò e sollevò un sasso che era rimasto lì immobile fino a quel momento e lo lasciò cadere sul cranio dell’uomo sotto di lui e lo piantò dentro”. Inizia così "La preda", romanzo del 1995 oggi pubblicato in Italia da e/o, di Damon Galgut, l’autore vincitore del Booker Prize 2021 e nome tutelare dell’attuale scena letteraria sudafricana. Si partirà così per un tormentato viaggio all’interno del quale l’uomo, dopo aver seppellito il corpo in una cava dismessa (punto di ritrovo di un gruppo di piccoli spacciatori d’erba), ruberà letteralmente l’identità del prete che ha ucciso. Nel frattempo un poliziotto, incaricato delle indagini sull’omicidio, incuriosito da questo strano prete che si è installato nella chiesetta del paese, inizierà a dargli la caccia. Seguirà una serie di eventi che si alterneranno rapidamente uno dopo l’altro, senza soluzione di continuità. Inseguimenti, sparatorie, giochi psicologici portati al limite della follia. Il tutto narrato da Galgut, pagina dopo pagina, con una prosa schietta, scarna ma contemporaneamente affilata come la lama di un bisturi. Tragico e  disperato come certi lavori di Faulkner, McCarthy o Steinbeck,  La preda  è la spietata storia di una caccia all’uomo dove il senso di colpa e la redenzione passano totalmente in secondo piano rispetto alla sensazione straniante, claustrofobica, a tratti onirica, restituita dalla cava, all’interno della quale si muove la maggior parte della storia  e in cui, suo malgrado, il lettore sprofonda con tutte le scarpe. “Poi il sole tramonta e l’ombra nella cava si trasforma. L’ombra si addensa. A quel punto non è più ombra. E’ oscurità e l’oscurità nel buco non è diversa dall’oscurità sopra di essa. Potrebbe esserci acqua nella cava, o movimento, o niente. Potrebbe non esserci fondo”. Una storia che rimarrà a lungo nella vostra testa. Ossessiva come un ronzio che non se ne vuole più andare.

   

Damon Galgut
La preda
E/o, 160 pp., 17 euro

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