una fogliata di libri

La grande tribolazione

Riccardo Canaletti

La recensione del libro di Etienne de Montety edito da edizioni e/o, 224 pp., 19 euro

Forse il centro è in un particolare del tutto secondario rispetto all’ondata migratoria, la povertà, la radicalizzazione, il deep web, il carattere post conciliare di padre Georges; ah sì, il suo omicidio. Ed è il fatto che i due assassini, Daoud e Hicham, fossero integrati nella società francese. Daoud, adottato a dieci mesi, è in realtà David. Piace, ha successo nello sport, è intelligente e bravo a scuola. La famiglia lo ama, come le ragazze, come gli amici. Hicham è figlio di un lavoratore immigrato che ha trovato il suo posto in un altro paese, dopo essere fuggito dal proprio. La Francia è per entrambi il meglio; è casa. Detto in altro modo: la Francia è tutto ciò che potrebbero tradire e che, in effetti, tradiranno scegliendo il terrorismo. I motivi per cui lo fanno sono meno profondi, ma non meno strutturali, di quelli che certa letteratura catastrofista vorrebbe farci credere. Nessuno scontro di civiltà. Daoud inizia a essere preso in giro a scuola perché arabo, ha circa vent’anni, è una presa in giro connotata più dalla stupidità che dall’ignoranza dei razzisti. Hichman, che si fa bello con gli amici per qualche bravata, finisce in prigione e scopre il fondamentalismo.  

Etienne de Montety ci dà gli elementi per giudicare quanto avvenuto, senza fornirci una risposta definitiva e senza, soprattutto, incorrere nel rischio comune delle grandi narrazioni: appiattire tutto a un livello di significati sotterranei e retropensieri culturali o geopolitici. Forse, il vero problema, è l’anima ferita il cui alimento diventa la società dell’accoglienza, poiché ogni accoglienza implica una contraddizione, una coscienza della propria alterità. Il problema è che questa rivelazione, nel caso di Daoud e di Hicham, si trasforma in istinto distruttore, in volontà terroristica, con tutta l’ingenuità a corredo che permette ai due ragazzi di convincersi ridicolmente di questo: un loro gesto può far scoppiare una guerra. Ma così non è stato. 

Paradossalmente, è padre Georges Tellier il meno integrato, e sicuramente lo è molto meno di Daoud e Hicham. Lui, tornato dalla guerra d’Algeria e convinto di poter essere ancora utile, è in realtà il prototipo dell’animo buono che la guerra non ha saputo abbattere e che, tuttavia, si vede completamente assorbito da essa. Il paradigma degli uomini di pace è proprio il conflitto. Così anche nella chiesa di Saint Michel egli si sente testimone di una fede radicata nella povertà, nella fragilità: “Georges percepiva l’urgenza di annunciare il Cristo in una società che aveva appena scoperto l’abbondanza. Ma come fare? Si ha ancora fame e sete di Dio quando i desideri sembrano appagati dal consumo?”. E mentre lui cerca una risposta, scoprendosi a sua volta fragile, sono due ragazzi che nulla sanno dell’islam a trovare la sicumera eterna dei fondamentalisti e a compiere un gesto imperdonabile. Anche loro, come si è detto, esempi di un’umanità ferita. 

   

Etienne de Montety
La grande tribolazione
edizioni e/o, 224 pp., 19 euro

Di più su questi argomenti: