una fogliata di libri

Il carnevale di Nizza e altri racconti

Riccardo Canaletti

La recensione del libro di Irène Némirovsky edito da Adelphi, 288 pp., 19 euro

Parlando di sua madre a Stuart Jeffries (The Guardian), Denise Epstein ricorda questo: “Scriveva sempre”, anche nei giorni prima della sua cattura, il 13 luglio 1942, circa un mese prima di morire (la sua ultima lettera, del 16 luglio 1942, è una dimostrazione di eleganza e fortezza ineguagliate: “Amore mio, mie piccole adorate, credo che partiremo oggi [per Auschwitz]. Coraggio e speranza. Siete nel mio cuore, miei cari. Che Dio ci aiuti tutti”). Quando Jeffries chiede se stesse intensificando la fase di scrittura perché sentiva, in qualche modo, che il suo tempo stava per scadere, la figlia risponde: “No, era semplicemente il suo lavoro”. A dimostrazione di questo si potrebbero portare i racconti giovanili di Irène Némirovsky, ora pubblicati da Adelphi sotto il titolo, come spesso si fa, di uno di essi: Il carnevale di Nizza. Prova, si diceva, non tanto dell’intelligenza creativa della scrittrice francese, ma della sua immane capacità di scrittrice, a soli trent’anni, dotata di una capacità di introspezione e approfondimento umano che semmai denota un’altra forma di intelligenza, quella filosofica. Eppure, nelle pagine di Némirovsky, non c’è filosofia che non sia stata tradotta, con naturalezza, in letteratura, in sceneggiatura anche. Così opera, a mo’ di telecamera, la scrittura di Némirovsky. Ma non la telecamera di Manzoni, per esempio, lo strumento che permette di zoomare. In Némirovsky il film, la sua logica, non è mai una tecnica di ripresa, un alleato della fotografia. 

 

Nei suoi racconti,  il potenziale cinematografico delle storie è la perfetta illusione che permette di accettare, fino all’epilogo, le ipocrisie del suo tempo. La solitudine dietro l’opulenza, una ricchezza priva di significato, malumori, invidie e tensioni, ma soprattutto la vanità concupiscente dei giovani benestanti. Tutto questo viene comunque accettato come se fosse su uno schermo. E dunque è solo Némirovsky che non accetta il patto narrativo che permette ai suoi pari di convivere con una insensatezza ormai endemica. Cosa resta alla giovanissima scrittrice? Raccontare, nel modo in cui i personaggi la vivono, questa tristezza coperta di sfarzo: “[i giovani] vengono avanti sullo schermo, si ingrandiscono a dismisura, poi si confondono in una nebbia su cui compare la parola: FINE”. In questo senso potremmo provare a sottolineare una caratteristica raramente associata a Irène Némirovsky: l’ironia. E sembra, ancora, che si possa dire di tutta la sua opera, ma ancora di più di questa sua primavera letteraria, ciò che Némirovsky stessa appunta tra le righe del manoscritto de “Il giardino di Tauride” (proposta per la prima volta nell’edizione Adelphi), in riferimento a una delle giovani protagoniste: “D’altra parte, non voglio descrivere un’innocenza completa”.

    

Irène Némirovsky
Il carnevale di Nizza e altri racconti
Adelphi, 288 pp., 19 euro

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