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Una fogliata di libri

Con l'umanitarismo siamo quasi di fronte a una nuova espressione religiosa. Un libro

L’Occidente e la sua nuova religione: la morale dei diritti umani come dogma assoluto. Dalla fede alla sacralizzazione dell’umanitarismo: come l’ipermoralismo sta ridefinendo la società

Anticipiamo un estratto de “Il crepuscolo dell’universale”, il nuovo libro di Chantal Delsol da venerdì 21 marzo in libreria per Cantagalli (320 pp., 23 euro)


  

È proprio questo il nodo del conflitto tra l’occidente e molte culture esterne, e anche tra l’occidente e alcune delle sue componenti: il tentativo di imporre un ordine morale. L’occidente è stato missionario per secoli e molto spesso è accaduto che i suoi proseliti siano stati perseguitati per questo. Ma una missione non consiste nell’imporre un nuovo ordine. Lo propone, e soprattutto è testimone della sua predicazione, testimone nel senso di martire. Può convertire, oppure subire torture per aver disturbato la società e seminato nelle menti pensieri troppo scomodi.


Per un certo periodo, i paesi occidentali venuti a predicare i diritti umani in tutti i continenti hanno suscitato un sentimento di fascino, che ha permesso loro di ottenere qua e là l’adesione. La volontà di stare dalla parte del Moderno, della novità, ha fatto venir meno molti antichi costumi. Ma quel tempo è ormai finito. Una delle ragioni è che la “missione” è stata sovvertita e non può più ispirare la stessa fiducia. La trasformazione dell’umanesimo in umanitarismo riflette una forma di sovversione della religione originaria, poiché l’essere umano si trova ridotto alla sua dimensione biologica e materiale. È una continuazione della morale del Vangelo, ma nella negazione della trascendenza. Ciò provoca una perversione: i precetti del Vangelo sono ideali che hanno senso solo perché sono legati a un mondo trascendente – non pretendono di essere applicati pienamente in questo mondo, sono solo principi ispiratori. Le società occidentali contemporanee, che non hanno più alcuna idea della trascendenza ma vorrebbero applicare la morale inscritta nella nostra eredità, quella cristiana, arrivano ad aspirare a una purezza che non esiste su questa terra. Ecco perché, ad esempio, quando si fanno avanti numerosi donatori per contribuire alla ricostruzione di Notre-Dame, l’opinione pubblica francese stigmatizza le esenzioni fiscali e chiede che queste donazioni siano assolutamente gratuite. Si è dimenticato che l’umano ha diverse sfaccettature e che molto spesso si deve far leva sull’interesse per ottenere la generosità. Il nostro colpevole irrealismo proviene dal cattivo uso di una morale derivata dalla trascendenza e inserita in un mondo immanente. (…)

 
Il fatto che una morale rimanga, anche se derivata da una religione cancellata, non ha nulla di sorprendente. Nessuna società può fare a meno della morale ed è logico che, in assenza ormai della fede cristiana scomparsa, la sua morale ci rimane come una sorta di tradizione, anche se ora rivestita degli abiti moderni e adattata ai gusti del momento. Ma è un altro il fenomeno che susciterà rivolte e conflitti: questa morale, nata dal cristianesimo, assume l’aspetto di un programma da realizzare nella storia moderna. Si sacralizza, nel senso che le sue aspettative non sono più oggetto di dibattito, né tengono conto delle circostanze. Vorrebbe applicare i suoi principi integralmente, qui e subito. (…)

 

La morale onnipresente (e onnipotente) attualmente sostenuta dall’occidente non ha nulla a che fare con quell’impero delle emozioni individuali descritto da Alasdair MacIntyre. Al contrario, è un insieme ben costruito e che persegue esigenze precise, come l’individualismo e il materialismo. La morale dei diritti umani ha acquisito per parte sua quel carattere sacro che un tempo aveva la religione originaria. La nostra morale è diventata letteralmente una religione, la sola che ci resta dopo la fine della cristianità. Il fervore che essa suscita, l’organizzazione dei suoi riti tramite i suoi sacerdoti, non lasciano dubbi al riguardo. Ma cosa è successo? Arendt e Voegelin avevano mostrato l’aspetto religioso dei totalitarismi del XX secolo. Con l’umanitarismo probabilmente ci troviamo di fronte a una nuova espressione religiosa. È molto verosimile che le menti occidentali, dopo aver vissuto per più di due millenni nella culla di religioni strutturate, facciano fatica a vivere sotto la guida di morali divenute fluttuanti e composite. Forse un desiderio di bene assoluto viene a compensare la perdita del Dio dei monoteismi. Aurel Kolnai vedeva in questa ondata di “ipermoralismo” una corrispondenza con il declino dello spirito religioso: la ricerca della perfezione temporale sostituisce la fede perduta – il fervore cambia posto. Sembra proprio, diceva Kolnai, che alla caduta delle religioni seguano nella storia periodi di ipermoralismo, di puritanesimo. L’ipermoralismo esige la perfezione e il formalismo, molto più dello spirito religioso propriamente detto, o comunque al pari dello spirito religioso nelle sue fasi più settarie.

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