
(LaPresse)
Una fogliata di libri - overbooking
Festival sensati nell'Italia che non legge
Secondo Paolo Di Stefano i festival culturali sono un prolungamento indefinito delle presentazioni librarie. Ma il festival deve avere in sé qualcosa di gioioso, quasi da circo che arriva in città: lo anima il desiderio che la cultura non è un atto penitenziale, ma si può essere seri anche in un'atmosfera di cui si è contenti
Qualche giorno fa, sul Corriere, Paolo Di Stefano è partito da premesse entrambe convincenti: da un lato i festival culturali aumentano il numero di eventi a fronte di un incremento di pubblico; dall’altro, “cala il mercato, calano i lettori e peggiora la qualità della lettura”. La combinazione dei due fattori gli suggerisce l’ipotesi che “alla lunga le feste del libro finiscano per sostituire la lettura”. Sarò di parte, poiché da tempo collaboro a uno dei principali festival (se la cronologia mi assiste, il secondo nato in Italia), ma l’esperienza dietro le quinte mi induce a interrogarmi su quale aspetto del sillogismo di Di Stefano, comprensibilmente preoccupato, non mi convinca appieno. Il suo sottinteso è che l’obiettivo dei festival culturali sia ancillare rispetto al mercato editoriale, e che pertanto quelle che chiama “feste della cultura” siano un prolungamento indefinito delle presentazioni librarie.
Ciò vale in realtà solo per rassegne costruite su un calendario di presentazioni, cui si dà il nome di festival in modo per certi versi improprio; per festival si intende l’intervento di intellettuali di varia estrazione in un contesto delimitato (ci vuole, come in Aristotele, una certa unità di tempo e di luogo) allo scopo di contribuire su un tema specifico. Per questo motivo, vari festival evitano la formula della presentazione, largamente disponibile nella vita quotidiana dei lettori. Offrendosi come evento eccezionale, inoltre, il festival deve avere in sé qualcosa di gioioso, da sagra paesana o da circo che arriva in città; lo anima il desiderio di dimostrare che la cultura non è atto penitenziale, come talora si dà per scontato, e che si può essere seri anche in un’atmosfera di cui si è contenti. Allo stesso modo in cui le feste vengono organizzate perché è bello festeggiare, i festival vengono organizzati soprattutto perché è bello, come dire, festivalare. E se anche una sola persona, un passante poco istruito che si trova lì per caso o un refrattario sedicenne trascinato dai prof., torna a casa e apre un libro che non avrebbe aperto, be’, quel dato insignificante per le statistiche del mercato editoriale significa che il festival ha avuto successo.


Una fogliata di libri
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