
Io sono qui
La recensione del libro di Angie Kim, Heloola Books, 512 pp., 19,50 euro
È strano quel che succede con i fratelli, pensi a loro solo come una presenza, ma poi succede qualcosa di grande o terribile che disseppellisce e rende visibile ciò che i coreani chiamano jeong. È difficile da tradurre; non è un’emozione in particolare – non è affetto e nemmeno amore – ma un legame complesso definito dalla sua profondità e storia. Quel senso di appartenenza allo stesso nucleo: i vostri destini sono intrecciati, impossibile separarli, per quanto tu possa volerlo”. La chiave del rapporto, asimmetrico e sbilanciato, tra Mia e Eugene sta tutta qui; in un legame indissolubile nonostante in certi momenti questo legame possa apparire troppo costringente, poco incline ad ammettere le rispettive peculiarità. Eugene ha quattordici anni ed è affetto da una doppia diagnosi di autismo e sindrome di Angelman che lo rendono incapace di comunicare. Una mattina il ragazzo rincasa senza suo padre Adam: erano andati insieme a fare una passeggiata ma l’uomo scompare nel nulla. Ed Eugene non ha la possibilità di dire ciò che forse ha visto accadere. Mia, ventenne tornata a casa a causa del Covid, neolaureata brillante e dallo sguardo cinico e analitico, racconta gli effetti della scomparsa del padre sulla sua famiglia. Ci sono due livelli nella storia raccontata da Mia. Uno è quello del thriller, di indizi e svolte che si moltiplicano e che vanno da taccuini intrisi d’acqua ritrovati sul luogo della scomparsa, a messaggi vocali che fanno ipotizzare una relazione tra Adam e la logopedista di Eugene, a codici da decifrare, a un video che lascerebbe supporre il coinvolgimento di Eugene nella scomparsa del padre. E c’è poi un secondo livello, più sottile e allo stesso tempo deflagrante. È quello legato agli effetti che un figlio con bisogni speciali ha in una famiglia, come questo orienta la vita di tutti gli altri, in qualche modo subordinandone i bisogni (anche solo di essere visti e considerati per quello che si è). Eugene non comunica ma è tutta presenza, indecifrabile, a cavallo tra la minacciosità del suo silenzio costante e la famigliarità dei sorrisi che dispensa naturalmente a tutti. “Mi sentivo rimpicciolire, lo spazio tra gli atomi del mio corpo si restringeva, accorciava, producendo calore che mi circondava”. Mia percepisce chiara questa morsa, che non ha nulla a che fare con il bene certo che prova nei confronti del fratello ma con la capacità di percepire il perimetro di sé stessa, dove lei finisce e inizia qualcun altro. La storia della scomparsa di Adam prende il sopravvento, con una trama non sempre così decifrabile. Quello che resta, sommersa dalle parole, è un’intuizione: “La speranza è pericolosa in questo senso: ti porta a confondere ciò che è possibile con ciò che non lo è”.
Io sono qui
Angie Kim
Heloola Books, 512 pp., 19,50 euro

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