L'intravisto

Riccardo Bravi

La recensione del libro di Elisa Biagini, Einaudi, 88 pp., 10 euro

La poesia di Elisa Biagini ha a che fare con il mistero della vita, in una accezione che non prende però in riferimento il mondo sacro, ma quello dell’universo laico e concreto composto dai suoi elementi tangibili ora naturali ora minerali. Il verso, nella sua brevità, ha l’andatura della riflessione e della contemplazione, quasi come se volesse indicarci una via ieratica, una salvezza che la parola porta con sé ma che si sta sempre più offuscando in tempi in cui la frenesia imperversa nelle nostre vite ordinarie. Con un fare poetico che ricorda l’ermetismo fiorentino, questa poesia scava nell’abisso profondo dell’esistenza attraverso l’uso di metafore e di immagini complesse da decifrare, ridando alla parola la sua aura di pienezza e di importanza, e ciò non è poco in tempi come questi. 


Le poesie dell’“Intravisto” appaiono come quell’esercizio di riflessione che porta a galla un mondo interiore fatto di incontri dialettici con l’altro, essenziali per migliorare lo sguardo che abbiamo verso l’esterno. Appassionata di Celan e di poeti anglo-americani di cui si sentono gli echi, è un titolo che fa pensare, questo, anche a tanta poesia francese degli ultimi decenni: da Yves Bonnefoy a Valérie Rouzeau, passando per Michel Deguy e andando indietro verso un classico come Baudelaire, questi poeti hanno celebrato quel mondo sommerso spesso invisibile agli occhi e alla ragione, essendo la sola vista un esercizio troppo limitato per il raggiungimento di un elevato grado di appagamento e di soddisfazione. Dal poeta simbolista francese, la poetessa toscana riprende probabilmente quelle corrispondenze che le permettono di raggiungere con poche parole uno strato altrimenti irraggiungibile di realtà sensibile, scavando sempre più a fondo al fine di “plonger au fond de l’inconnu pour trouver du nouveau”, come reca un celebre verso dello stesso Baudelaire. La ricerca di un rapporto più maturo con sé stessa e con le proprie debolezze, si manifestano allora in alcuni versi in cui Biagini si paragona ad animali quali la volpe o l’asino, dei quali sono note l’astuzia e la fermezza: “Se alla volpe stranita / dai fanali o all’asino / che all’infinito aspetta / un poco d’acqua, non so / a chi oggi io somigli: / mi sale nella gola come un suono / d’animale già estinto o che / spera, nascosto, di sfuggire”. Poesia mentale e riflessiva, ma aperta al canto del mondo in tutti i suoi riverberi, Elisa Biagini trova nelle peregrinazioni in varie città la linfa vitale di cui arricchirsi, l’ispirazione per comporre versi asciutti e rigorosi, mai banali, aperti alla speranza di un futuro che non potrà che essere – secondo lei e noi tutti – migliore di questo tetro presente: “Dove la luce è assorta, / laggiù, / c’è un bosco di cupa allegria / e in quella zampa / si legge / una ragnatela di futuro”. 

 

L’intravisto
Elisa Biagini
Einaudi, 88 pp., 10 euro