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UN FOGLIO INTERNAZIONALE

Houellebecq e l'eutanasia

“Non c’è  bisogno di essere cattolici reazionari per essere contrari”. La battaglia dello scrittore contro “una sorta di arroganza progressista  che mi sembra inaudita”  

Il 3 aprile, Le Figaro Tv ha trasmesso “Ensemble” di Laurence de Charette, un documentario sui volontari che assistono le persone in cure palliative. Lo scrittore Michel Houellebecq ha colto l’occasione per parlare con la dottoressa Claire Fourcade, ribadendo la sua opposizione al progetto di legge (che arriverà in Parlamento a maggio) volto a legalizzare l’eutanasia

Giovedì, sera, l’emozione era palpabile sul palcoscenico del Figaro Tv, quando Michel Houellebecq, con la gola stretta e le lacrime agli occhi, ha fatto sapere che la sua preoccupazione sul tema del fine vita non era solo teorica. Invitato a reagire al documentario “Ensemble” di Laurence de Charette, il primo coprodotto dal Figaro, che racconta la vita ordinaria in un reparto di cure palliative a La Maison di Gardanne, lo scrittore ha lasciato trasparire il suo turbamento. Una scena in particolare lo ha colpito, quella di una paziente, Angèle, che si preoccupa del suo trucco fino alla soglia della morte: “E’ terribile. Non sono una donna, ma capisco l’importanza del trucco (…). Ho notato che alcune persone, pur sapendo di essere condannate, continuano a credere nella vita eterna. Ma non abbiamo forse bisogno di immaginare di essere eterni per vivere? Ho l’impressione che l’ottimismo faccia bene alla salute. Non viene mai detto di guardare in faccia la propria morte” (…).


 Perché uno scrittore i cui romanzi evocano la miseria sessuale, la solitudine delle società liberali e la tristezza dell’individualismo ha fatto dell’opposizione all’eutanasia la sua ultima battaglia? Con la sua voce esitante, che ci costringe ad ascoltare con attenzione, Houellebecq sembra disperarsi mentre osserva la disintegrazione del tessuto sociale della nostra nazione. Ci ricorda che anche “quando la maggioranza dei francesi era favorevole alla pena di morte, le giurie popolari la richiedevano raramente”. Perché l’essenza stessa della civiltà è ripudiare la pena di morte: “Quando un paese – una società, una civiltà – arriva a legalizzare l’eutanasia, perde, a mio avviso, ogni diritto al rispetto. Diventa allora non solo legittimo, ma auspicabile, distruggerla, in modo che qualcos’altro – un altro paese, un’altra società, un’altra civiltà – abbia la possibilità di emergere”, scriveva sulle colonne del Figaro quasi cinque anni fa. Da allora, le sue convinzioni si sono rafforzate. Quando Michel Houellebecq è arrivato negli uffici del Figaro, Virginie Le Trionnaire, responsabile dei programmi “Le Club”, gli ha chiesto di togliere i suoi effetti personali prima di entrare in studio. Lo scrittore ha insistito affinché il suo zainetto rimanesse al suo fianco. Questa richiesta ha assunto tutto il suo significato man mano che la conversazione avanzava: il suo discorso è stato arricchito da una serie di documenti. Da una fitta cartella, ha estratto una serie di cifre e grafici computerizzati per alimentare il suo ragionamento. A coloro che vedono nella lotta contro l’eutanasia un panico morale cattolico, ha rimproverato una “mancanza di cultura. Su un sito web americano, sono trascritte le posizioni delle varie religioni sulla questione dell’eutanasia. E’ americano, ci sono dunque molte comunità religiose… Quello che emerge è che, ad eccezione degli unitariani, nessuna religione è a favore. Quindi non è necessario essere un cattolico reazionario per essere contro l’eutanasia. Inoltre, molti filosofi hanno affrontato la questione in modo indiretto. Kant, ad esempio, non parlava di eutanasia – che gli sembrava inconcepibile – ma era molto chiaramente contrario al suicidio. Potremmo anche pensare al giuramento di Ippocrate, che precede di molto il cristianesimo. Non voglio dare l’impressione di accontentarmi di un argomento di autorità, ma tutti coloro che hanno riflettuto sulla questione nei millenni precedenti erano contrari. C’è una sorta di arroganza progressista – scusate la volgarità del termine! – che mi sembra inaudita. Equivale a spazzare via tutta la saggezza e il pensiero del passato. Inoltre, se i filosofi si sono limitati alla questione del suicidio, è perché non potevano immaginare che una società potesse prevedere di arrivare alle domande che ci poniamo noi oggi” (…). 


Nel corso della discussione, la sua visione di uno sconvolgimento di civiltà che deriverebbe dalla legalizzazione dell’eutanasia è diventata più chiara. Non è semplicemente contrario al testo che verrà dibattuto: non riesce a concepire la sua iscrizione nel nostro universo. E’ per questo motivo che ha fatto regolarmente appello ai grandi autori della letteratura: come l’eutanasia, ci immergono in un mondo che non è il nostro. E’ il caso del racconto “The Examination” di Richard Matheson, di cui ha letto un ampio estratto in extenso. In esso, “agli anziani viene imposto un esame, sia mentale che fisico. Consiste nel determinare se sono ancora in grado di vivere. La storia si svolge in una famiglia americana della classe media, non molto ricca. Hanno due figli, due sole camere da letto e vivono con il padre del marito. Egli occupa una delle camere da letto”. “Nella scena che apre il racconto, il marito prepara il proprio padre all’esame del giorno dopo. Si deciderà se è idoneo alla vita. Egli è consapevole che il padre sarà bocciato, che non ha alcuna possibilità di farcela. La moglie è consapevole della posta in gioco, ma la sua preoccupazione principale è la stanza che avrebbe riavuto (…). Il giorno dopo, il padre si reca all’esame. Poi torna a casa senza dire una parola. Per i due bambini, che giocavano all’aperto, la morte programmata del nonno non significava nulla. Questa è fantascienza: c’è una leggera esagerazione, ma purtroppo non è del tutto inverosimile. Attualmente gli anziani vengono condannati all’eutanasia perché la previdenza sociale costa troppo” (…). 
Mentre Claire Fourcade ricordava che l’introduzione delle cure palliative ha offerto ai pazienti che soffrono di isolamento sociale l’opportunità di costruire un nuovo rapporto con il personale medico, Houellebecq ha visto in esse una forma di rivitalizzazione. Come un ultimo sussulto. In un articolo per il Figaro, aveva contrapposto la medicina palliativa alla possibilità dell’eutanasia. “Mi vedo bene chiedere di morire nella speranza che qualcuno mi dica: ‘Ma no, ma no, resta con noi’”. 


Prima che il progetto di legge venga discusso in Parlamento, il documentario di Laurence de Charette sarà proiettato all’Assemblea nazionale martedì 8 aprile. I nostri rappresentanti decideranno se la Francia dovrà unirsi ai “due blocchi” individuati da Michel Houellebecq alla fine della sua intervista al Figaro: Belgio e Paesi Bassi, e Spagna e Portogallo. Questi sono gli unici paesi in Europa ad aver legalizzato l’assistenza attiva a morire. Houellebecq vuole ricordarci che nulla è inevitabile: “Non siamo degli stupidi ritardatari rispetto ai progressisti entusiasti e intelligenti che si sono buttati sull’eutanasia”.

(Traduzione di Mauro Zanon)