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una fogliata di libri - overbooking

La “gamification” dei sentimenti

Antonio Gurrado

Nel suo romanzo di formazione, Holly Gramazio sottolinea quanto ciascun membro della nostra generazione sia protagonista di imprese sempre diverse e sempre uguali, con l’obiettivo di realizzare il punteggio più alto e uscire infine vincitore

Holly Gramazio è una narratrice nata perché è un’ottima game designer. Il suo esordio, I mariti (Einaudi, 354 pp., € 20 euro, tradotto in modo eccellente da Benedetta Gallo) ricalca in modo chiaro i capisaldi strutturali del gioco, ossia reiterazione e variabilità: la protagonista si ritrova in casa un marito sconosciuto, che sparisce quando va in soffitta, venendo sostituito da un nuovo marito sconosciuto, col quale cambia il contesto che la circonda, e così via ad libitum. E’ stato coi primi rudimentali videogiochi che la mia generazione ha familiarizzato con le “vite”, avventure ludiche da intendersi sia come successive, sia come simultanee: il protagonista del gioco viene sconfitto, muore, risorge ritrovandosi al punto di partenza e affronta lo stesso ciclo di peripezie secondo minime varianti che lo rendono sempre nuovo. Se questo romanzo non s’intitola Le vite ma I mariti, è forse perché l’autrice ha voluto sottolineare la gamification dei sentimenti, in cui ciascun membro della nostra generazione (lei è del 1981) è protagonista di imprese sempre diverse e sempre uguali, con l’obiettivo di realizzare il punteggio più alto e uscire infine vincitore.

I mariti funziona alla perfezione poiché fa esplodere un’architettura narrativa tradizionale: la trama del matrimonio, su cui si è retta buona parte della produzione occidentale, con romanzi di formazione che trovavano conclusione e senso nel momento in cui il protagonista, grazie alla stabilità sentimentale, diventava adulto. Ora che la vita si è parcellizzata nelle vite, il romanzo di formazione è entrato nel loop descritto da Holly Gramazio, in cui ogni trama rilancia accavallandosi alla precedente. E’ curioso che I mariti sia stato pubblicato con un finale proposto dall’agente letteraria Veronique Baxter, consapevole che i romanzi prima o poi debbano spegnersi; l’autrice aveva proposto un caleidoscopio di finali multipli ritenuto poco funzionale ai fini editoriali. Da brava gamer, aveva fatto bene. Se anzi avesse voluto dotarlo dell’unico finale possibile per un romanzo di formazione sentimentale postmoderna, avrebbe potuto intimare al lettore: “Torna all’inizio, ricomincia da capo, continua per sempre”.
 

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