La pittura che pensa se stessa: Kerstin Bratsch in Fond. Memmo
A Roma due mostre sulla residenza dell'artista tedesca
Roma (askanews) - Uno spazio espositivo nel cuore di Roma che, dopo avere ospitato per anni mostre di arte classica, ha deciso di cambiare pelle. Oggi la Fondazione Memmo, a Palazzo Ruspoli, si occupa di contemporaneo, con le motivazioni che ci sono state spiegate da Fabiana Marenghi Bond, una delle due direttrici.
"Abbiamo sentito il desiderio e la necessità - ha detto ad askanews - di parlare a un pubblico diverso, più giovane e sul contemporaneo, nonché di fare un lavoro che non veniva fatto, ovvero invitare artisti internazionali in residenza e presentarli al pubblico romano".
Da questa idea sono nati diversi progetti, e gli ultimi due, attualmente in mostra, coinvolgono l'artista tedesca Kerstin Bratsch, protagonista da sola dell'esposizione "Ruine" e insieme a Debo Eilers, con cui compone il collettivo KAYA, di un secondo show intitolato "KOVO". Nel primo caso si tratta di opere pittoriche che, nella loro specifica ricerca di smontare l'idea stessa dell'autorialità dell'artista, mostrano come il medium pittorico sia tutt'altro che superato. Come ci ha confermato anche il curatore Francesco Stocchi.
"La pittura è sempre viva - ci ha detto - è sempre fondamentale, non se ne può fare a meno. A volte l'interesse per la pittura è latente, ma esiste sempre, non sparirà mai. Quindi non c'è un 'ritorno alla pittura' e Kerstin Bratsch è una di quegli artisti che si sono sempre preoccupati dello stato attuale e soprattutto dello stato di definizione che la pittura potesse assumere".
Una definizione che nel caso di Bratsch passa attraverso il confronto con tecniche particolari, come quelle che portano ai grandi marbling paintings, somma di elementi che l'artista non può controllare del tutto, oppure ai lavori in stuccomarmo, che riprendono pratiche cinquecentesche per dare, ancora una volta, linfa all'idea stessa della pittura. Per arrivare a questi risultati, e per rispecchiare il progetto di fondo delle residenze romane, è necessario il confronto tra gli artisti e gli artigiani. Anna D'Amelio, seconda direttrice della Fondazione Memmo
"Bisogna che l'artista - ci ha spiegato - si metta in gioco, che esca dalla sua area di comfort per sperimentare nuovi materiali, ma non solo, bisogna trovare anche l'artigiano giusto, che esca dall'idea di restauro e di conservazione, ma che entri in quello di innovazione, per cui rapportarsi lui stesso con una tecnica che conosce, ma in una maniera completamente diversa. Quindi il gioco non è scontato".
"Io trovo interessante - ha aggiunto Francesco Stocchi - quando gli artisti lavorano con gli artigiani, ma non quando delegano all'artigiano la realizzazione dell'opera, ma quando concorrono insieme all'artigiano".
Tra interventi molto specifici e dimensione concettuale, nella seconda mostra, quella di KAYA, si assiste, nelle parole del curatore, a una violenta collisione tra pittura e scultura, che lascia segni tangibili sul terreno e le cui tracce, alla fine, altro non sono che le opere sprigionate da questa sorta di Big Bang creativo.
A cura di Askanews