Dribblare il default

Edoardo Narduzzi

Il vitigno argentino più rinomato al mondo, il Malbec, è anche l’emblema delle troppe occasioni perse negli anni dal paese latinoamericano.

    Il vitigno argentino più rinomato al mondo, il Malbec, è anche l’emblema delle troppe occasioni perse negli anni dal paese latinoamericano. L’Argentina e la sua economia continuano a danzare sul bordo del default finanziario, che sarebbe il secondo dopo quello dei primi anni Duemila.

     

    La fillossera nel secondo Ottocento distrusse la presenza di Malbec nella Francia dove era ben conosciuto e lasciò all’Argentina il privilegio di poterlo coltivare. Oggi i vitigni di questo uvaggio sono presenti ovunque: dalla regione di Mendoza alla Terra del Fuoco. E sono molto migliorati nella loro qualità media e nei prezzi spuntati nei mercati internazionali. Il più costoso è il Viña Cobos della zona di Perdriel la cui migliore annata è stata pagata 903 dollari per una bottiglia. Un prezzo davvero elevato per un vino argentino e molto superiore al suo più diretto inseguitore, il Malbec Achaval Ferrer Finca Altamira, fermo a 237 dollari. Il primo Malbec in classifica prodotto nello stato della presidentessa Cristina Kirchner, la Patagonia, si colloca in una ottima settima posizione. E’ l’etichetta Bodega Noemia de Patagonia un cui millesimo è stato pagato leggermente più di 200 dollari.

     

    L’Argentina rimane un paese dalla volatilità economico-finanziaria estrema. Un paese poco capace di far rendere e di sfruttare le sue enormi ricchezze naturali. Nel caso del Malbec, però, i risultati sono stati migliori e negli ultimi anni, nonostante le crisi economica, capaci di associare positivamente nel mondo l’immagine dell’Argentina a questo rosso dai tannini robusti e dal colore scuro. La mediocrità argentina, almeno nell’enologia, non la fa da protagonista.